Dedichiamo una stazione a Raffaele Ielpo. L’operaio di 42 anni è morto ieri mentre era al lavoro nel cantiere della nuova linea 4 della metropolitana di Milano.
A causare la disgrazia sono stati i detriti rovinatigli addosso mentre lavorava a 18 metri di profondità. Secondo quanto riferito dal 118, che lo ha soccorso sul posto con manovre di rianimazione, l’uomo è stato trasportato al San Carlo già in arresto cardiocircolatorio ed è morto subito dopo il ricovero. Ma l’incidente di piazza Tirana è l’occasione per celebrare tutti quelli come Raffaele: era venuto dal Sud per aiutare a costruire l’ultima avveniristica metropolitana meneghina grazie alla sua lunga esperienza del settore. In qualche modo è il simbolo di Milano, una città accogliente per chiunque voglia darsi da fare e che ha sempre considerato le differenze come potenzialità. C’è insomma spazio per tutti a Milano, pure se nei fatti è una città piccola. Chi sbarca a Milangeles, così la chiamano le nuove generazioni, sa che qui ci sono prospettive: c’è lavoro, c’è tolleranza per le abitudini altrui anche se con la pretesa della misura, c’è un mondo pronto ad accogliere e premiare chiunque abbia qualcosa da dare alla vita comune. L’identità milanese infatti non è solo il lavoro, ma quello che una volta significava il lavoro: far parte di una comunità che si muove insieme per scopi più alti del mero interesse del singolo. Fare è la cura contro l’individualismo fine a sé stesso, e la culla dell’autorealizzazione personale. Sotto la Madonnina, (sarà un caso che il nume tutelare della città è una donna?), puoi diventare parte di qualcosa di grande in ogni campo.
Raffaele stava sotto i marciapiedi, impegnato a costruire un’altra meraviglia: la metropolitana automatica che avvicinerà Linate alla città. Un’opera per avvicinare le persone. Dunque un’opera molto milanese. Come i tanti che sono arrivati da tutta Italia e da tutto il mondo per continuare a costruire una città aperta e vitale hanno trovato l’occasione di farlo, anche Raffaele è un campione di milanesità: perché dunque non dedicargli una stazione della nuova metropolitana? Sarebbe un gesto anch’esso molto meneghino. Celebriamo non il sangue, ma il sogno di un posto dove tutti i volenterosi possono e potranno trovare spazio. Sarebbe un piccolo gesto, ma anche una luce positiva per tutti. Una prospettiva, come Milano.