Non succede spesso, ma talvolta anche l’architettura a noi più vicina nel tempo e pensata per ragioni funzionali, diventa arte. E, a volte, per proteggere quest’arte si finisce per fare danni irreparabili. Questa, in poche parole, la storia dell’Istituto correzionale minorile Marchiondi Spagliardi, progettato dall’architetto Viganò. Oggetto, dopo la sua chiusura, di una campagna per dichiaralo un monumento, la Sovrintendenza vi ha apposto un vincolo architettonico e ne ha affidato il restauro al Politecnico di Milano. Venti anni fa. Oggi è un buco nero a Baggio che attira delinquenza e occupazioni abusive.
Vi è un nesso? Ne parliamo con il Consigliere di Municipio Franco Vassallo, che ha molto a cuore la vicenda:
“Milano ha un rapporto strano con alcune sue strutture, soprattutto le cascine e alcune opere novecentesche. Il Marchiondi ne è un esempio chiarissimo. È un istituto che ha fatto la storia del novecento della nostra città, sin dalla costruzione dovuta al bombardamento della struttura che prima portava il medesimo nome. Molti cittadini vengono ancora a visitarne l’esterno. E grazie all’interessamento di personalità pubbliche come Vittorio Sgarbi si è riusciti ad ottenere che venisse valorizzato da un vincolo architettonico. Che, purtroppo, si è rivelato la sua più grande condanna.
Dopo circa due decenni di attesa di una ristrutturazione che probabilmente non avverrà mai, ormai il Marchiondi è un faro per il degrado. Anno dopo anno, occupazione abusiva dopo occupazione abusiva, le chance di vederlo ritornare in auge diminuiscono sempre di più. Siamo, probabilmente già oltre il punto di non ritorno. A questo punto si pone una domanda, molto spinosa lo riconosco: non sarebbe il caso di prendere atto che il vincolo sta soffocando l’edificio e che si dovrebbe allentarlo? Non sarebbe il caso di consentire ai privati di fare proposte per la riqualificazione e l’inevitabile cambio della struttura?
Certo, è inevitabile che qualcosa vada perso. Ma qualcosa non è tutto. E tutto sarà perduto se lo lasciamo qualche altro lustro in balia di senzatetto, occupanti e umanità varia ed eventuale che vi transiti. È il dilemma del chirurgo che si trova a decidere se amputare o perdere il paziente. Di sicuro, questi dieci anni di radical chic al potere hanno segnato, come in molti altri punti, l’abbandono più totale. È evidente che a Sala, come a Pisapia prima, di recuperare quello che di buono c’è in periferia non interessa nulla. Oggi, poi, che i soldi mancano e il Sindaco continua a sognare di far cassa su chi costruisce non ne parliamo.
Quindi non resta che appellarsi di nuovo alla Sovrintendenza: prendiamo atto che il passato non tornerà. E costruiamo un futuro migliore per un’opera che, prima di tutto e soprattutto, fu pensata per servire. Citando le parole del grande Architetto Viganò: “chi ha veramente compreso il Marchiondi non sono stati gli organizzatori, le autorità scolastiche e pedagogiche, i colleghi, i critici di architettura che pure mi hanno fatto tanti complimenti: sono stati i ragazzi. Non potrò, credo, dimenticare il grido di gioia con cui sciamarono dentro, l’entusiasmo con cui presero immediato possesso della attrezzature, degli armadietti, dei porta-abiti”.
Questo è lo spirito necessario per salvare il Marchiondi. E, in fondo, tutta Milano.”