La mostra “Pittura 4.0” in Brera fino al 24

La mostra “Pittura 4.0” in Brera fino al 24. La tecnologia utilizzata per la realizzazione delle opere nuoce alla creatività? Inizia così la video intervista al filosofo Umberto Galimberti trasmessa alla Galleria Ponte Rosso l’1 Ottobre per l’inaugurazione della Mostra ‘Pittura 4.0’ di Carlo Adelio Galimberti, che sull’esempio del britannico David Hockney presenta in particolare 10 opere realizzate con il pennello elettronico su ipad e stampate ad alta risoluzione su tela in copie uniche (fino al 24 Ottobre, via Brera2, da martedì a sabato al mattino su appuntamento, pomeriggio: ore 15-19). Attraverso una serie di domande di una voce fuori campo, nasce una riflessione a tutto tondo sulla funzione dell’arte oggi, sempre ‘dono di Dio’ e sempre indispensabile: “La mentalità occidentale è basata solo sull’interesse e questo non c’entra nulla con il bello e l’arte. Bisogna che la catena dell’utilità si fermi e ci sono solo due modi per farlo, tramite l’amore e l’arte”. Poi con quale strumento l’artista operi non conta: “Gli artisti come i poeti producono un linguaggio nuovo per comunicare. L’utilizzo della tecnica non è un problema, anche il pennello è uno strumento tecnico. Non c’è incoerenza nell’utilizzare il computer per le opere d’arte, perché a fare arte non è il computer ma sempre l’artista”. Secondo il filosofo nell’arte c’è un ‘abisso del simbolico’ e ‘il termine simbolico va inteso in senso greco, mettere assieme. Se un’opera d’arte non rinvia a una ulteriorità di senso non si può definire tale’.. A proposito Carlo Adelio Galimberti, il filosofo si chiede come può un artista staccarsi con indifferenza divina dalla sua opera compiuta. Tuttavia, lo deve fare, perché l’arte non è possesso, come dice Kant: “L’arte è ciò che piace senza concetto e senza possesso”. “Gli artisti non sono gli autori delle loro opere, -afferma il filosofo – dentro di loro parla un Dio che dà una virtù che consente loro di vedere oltre quello che le persone normali vedono”. L’artista è guidato da “follia divina ispiratrice”, concetto espresso nella letteratura greca, dove a proposito degli artisti, si era coniato il termine “entusiasmo” che significa dentro di te c’è un Dio. Così l’umanità non può fare a meno dell’arte. Nel “Nuovo dizionario di psicologia” del filosofo Galimberti, infatti, alla voce di Psicologia dell’arte, citando Freud, si afferma:”La bellezza non pare utile alla civiltà ma la civiltà non potrebbe farne a meno”. E ciò vale ancora di più in una società che si basa solo su il criterio della utilità. “La mentalità occidentale è basata solo sull’interesse e questo non c’entra nulla con il bello e l’arte. Bisogna che la catena dell’utilità si fermi e ci sono solo due modi per farlo, tramite l’amore e l’arte”. E l’arte quando diventa sublime è inquietante, può far svenire come accadeva a Stendhal. Oggi la scienza spiega che la causa risiede nei neuroni specchio che ci consentono di percepire lo stato d’animo dell’artista, irrazionale, fuori dalle regole. “Il sublime fa terrore perchè fuoriesce dagli schemi abituali. Per creare è quindi necessario accedere alla parte folle. Jasper dice in “Genio e follia” che quando ammiriamo un’opera d’arte ci comportiamo come quando guardiamo una perla, dimenticando che la perla è la malattia della conchiglia, allo stesso modo l’opera d’arte deriva dall’inquietudine profonda dell’autore. L’opera poi diventa arte quando cattura, attraverso la follia dell’autore, le metafore di base dell’umanità”.