“Dopo 17 trimestri, ricompare il segno negativo davanti alla variazione del numero di imprese attive in Lombardia: -0,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tale risultato è spiegato dal forte incremento delle cessazioni (+8,1%), non controbilanciato dall’andamento delle iscrizioni (+2,2%), nonostante anch’esse abbiano ripreso a crescere. Anche i segmenti fin qui più dinamici del tessuto imprenditoriale regionale, come le società di capitale e le imprese dei servizi, pur continuando a crescere, evidenziano un rallentamento. I fallimenti diminuiscono ancora, mentre i concordati e le altre procedure tornano a mostrare variazioni positive; in lieve aumento anche gli scioglimenti e le liquidazioni, che riflettono probabilmente le aspettative incerte degli imprenditori sulle prospettive future.” Queste le riflessioni del Presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio, nel commentare i dati di demografia imprenditoriale relativi al primo trimestre 2019. Nel dettaglio l’analisi rileva come il saldo tra le imprese che si sono iscritte alle anagrafi camerali lombarde (18.780) e quelle che hanno invece cancellato la propria posizione (23.320) sia pari a -4.540: se un risultato negativo è normale nel primo trimestre dell’anno, quando vengono recepite le numerose cessazioni che, per motivi fiscali e contabili, si concentrano negli ultimi giorni dell’anno precedente, va però sottolineato come il saldo risulti in peggioramento anche in confronto ai trimestri analoghi degli ultimi 5 anni, per via della significativa crescita delle cessazioni (+8,1% su base annua). Anche le iscrizioni hanno mostrato una variazione positiva, confermando la fine del trend discendente già evidenziata nel 2018, ma la crescita risulta di entità inferiore (+2,2%). Come risultato di tali movimenti, lo stock complessivo di imprese lombarde registrate si attesta a 956.909 unità, mentre le posizioni attive sono pari a 813.064, in leggero calo rispetto a un anno fa (-0,1%). Si tratta del primo segno negativo dopo 17 trimestri e certifica la fine della lieve fase espansiva che ha caratterizzato il tessuto imprenditoriale lombardo dal 2015, con ancora 14 mila posizioni mancanti rispetto al massimo del 2009. Anche in Italia si registra una svolta negativa del numero di imprese attive (-0,2%): a livello nazionale però la fase positiva è durata solo cinque trimestri. Tra le forme giuridiche crescono solo le società di capitali (+3,3% le imprese attive in un anno), proseguendo il trend strutturale che le sta portando a sostituire progressivamente le società di persone (-2,6%): nel 2005 in Lombardia le società di capitali erano il 21,4%, mentre in questo trimestre raggiungono il 31,1%, una quota ben superiore al dato italiano (23,3%) per il contributo determinante di Milano, dove rappresentano il 42,1% delle imprese. Anche le ditte individuali scontano la concorrenza delle società di capitali e confermano un andamento decrescente (-1,3% la variazione nell’ultimo trimestre), che le ha portate da una quota pari al 54,4% nel 2005 al 49,6% nel 2019. L’analisi settoriale conferma la crescita delle imprese attive nel terziario, in particolare nei servizi diversi dal commercio e dai pubblici esercizi (+1,6% rispetto allo stesso trimestre del 2018); si tratta di un ampio e variegato settore la cui incidenza sul totale è via via cresciuta nel corso degli anni (dal 31,4% del 2009 al 35,7%) e dove nell’ultimo trimestre i principali contributi positivi sono giunti dalle attività professionali, scientifiche e tecniche e dai servizi operativi di supporto alle imprese. Le attività di alloggio e ristorazione evidenziano anch’esse un incremento (+0,3%), sebbene in rallentamento rispetto agli anni scorsi, mentre il commercio conferma l’andamento negativo degli ultimi due anni, approfondendo ulteriormente le perdite (-1,2%). Prosegue la diminuzione delle imprese attive nelle costruzioni (-0,8%), nell’agricoltura (-1,6%) e nell’industria (-1,3%); guardando in maggior dettaglio a quest’ultima e in particolare alle imprese manifatturiere, che ne rappresentano oltre il 95%, si nota come in dieci anni la riduzione abbia coinvolto tutti i comparti tranne l’industria alimentare e delle bevande e, soprattutto, la riparazione, manutenzione e installazione di macchine, in forte crescita. Le perdite più intense hanno invece riguardato l’industria del legno, l’elettronica, la fabbricazione di apparecchiature elettriche, il tessile, i minerali non metalliferi e il mobilio. Tra i territori della Lombardia si possono individuare tre diversi gruppi: uno è rappresentato da Milano, che continua a crescere (+1%) sebbene mostri un rallentamento rispetto ai passati trimestri, un secondo da Monza-Brianza e Como, che registrano variazioni nulle confermando il recente trend di stabilità, il terzo dalle altre province, che evidenziano una contrazione del numero di imprese attive. Tra queste ultime Mantova presenta la flessione più significativa (-1,9%), seguita da Varese (-1,4%) e Sondrio (-1,1%); perdite più limitate si verificano invece a Lecco (-0,8%), Pavia (-0,8%), Brescia (-0,7%), Bergamo (-0,7%) e Cremona (-0,5%). Nel primo trimestre 2019 aumentano le iscrizioni al ruolo artigiano (6.216 movimenti, pari al +12,3%), confermando la fine del trend negativo che ha caratterizzato un decennio (2008-2017). Aumentano però anche le cancellazioni (8.121 movimenti, pari al +8,2%) e il saldo rimane quindi negativo: le imprese artigiane attive in Lombardia scendono così a 242.564 unità, con un calo su base annua del -1,1%. Prosegue la discesa dei fallimenti, che con 544 nuove procedure registrano una diminuzione su base annua del -9,3%: la flessione è significativa e rafforza il trend decrescente che aveva rallentato nel corso del 2018. Invertono la tendenza invece i concordati, che dopo una lunga fase di calo tornano a mostrare un segno positivo: +28,1%, per un totale di 41 nuovi procedure. Crescono inoltre le altre procedure concorsuali (+16,1%), soprattutto per l’aumento degli stati di insolvenza, e, seppur lievemente, gli scioglimenti e le liquidazioni (+0,4%), in massima parte volontari: in questo caso è probabile che il segno positivo sia dovuta all’incertezza del quadro macro-economico, che si riflette in prospettive meno ottimistiche sui ricavi futuri.