I compiti per i commercialisti di srl nella nuova 2086. Nel 2019 sono state infatti introdotte delle modifiche e il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno ritenuto che fosse il caso di indicare i compiti per i commercialisti di srl nella nuova 2086 nel documento “Compiti e responsabilità degli amministratori privi di delega”. Un tema che riacquista particolare interesse a seguito delle modifiche apportate al testo dell’art. 2086 c.c. introdotte dall’art. del d.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d’ora in avanti, Codice della crisi) che sono vigenti dal 16 marzo 2019. Il documento, oltre all’evidenziazione delle rilevanti novità che andranno a condizionare l’attività degli amministratori quando il Codice della crisi sarà vigente, offre l’occasione per rimeditare sui rapporti e sulle dinamiche interorganiche tra organi delegati e amministratori privi di deleghe di s.p.a. non quotate e non soggette a un regime di vigilanza, ma anche di altri tipi societari, al fine di individuare una “policy” nello svolgimento delle attribuzioni che il codice civile assegna a questi ultimi e le conseguenti responsabilità che ne potrebbero discendere alla luce anche dei prevalenti orientamenti giurisprudenziali. Il modello di governance di riferimento è quello tradizionale basato sulla compresenza del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, ovvero del sindaco unico di s.r.l. Il tema affrontato dal documento è interessato dal fenomeno pandemico in atto dovuto alla diffusione del Covid -19. Le conseguenze dell’epidemia hanno, ed avranno, ripercussioni non prevedibili ex ante nel settore economico e coinvolgeranno necessariamente gli organi della corporate governance societaria ad ogni livello, ognuno nell’ambito della propria competenza a partire proprio dagli organi amministrativi sia individuali che collettivi, e quindi anche gli amministratori privi di delega. Il dibattito dottrinale è avviato in esito anche ai primi provvedimenti governativi emanati e in corso di conversione ai quali le società si accingono a dare attuazione e sui quali si avrà occasione di ritornare. Quattro i capitoli in cui si articola lo studio. Nel primo si analizza il ruolo degli amministratori privi di deleghe nel CdA. La struttura dell’organo amministrativo è uno degli elementi alla luce dei quali valutare gli assetti amministrativi della società: è auspicabile, in tale prospettiva, che la dimensione ottimale del CdA sia determinata secondo un principio di proporzionalità che consenta di adattare il numero dei componenti alla realtà, alle esigenze, al settore e alla distribuzione delle partecipazioni della società. Un’adeguata composizione qualitativa e un’adeguata composizione quantitativa del CdA dovrebbero consentire un efficace funzionamento dell’organo in funzione della realizzazione dei principi di corretta amministrazione ed efficiente gestione della società nel perseguimento dell’oggetto sociale. Agli amministratori, anche privi di deleghe, l’ordinamento attualmente impone un atteggiamento che risulti improntato a: trasparenza, informazione, iniziativa, intervento e attivazione. Il secondo si focalizza sui poteri-doveri degli amministratori privi di deleghe richiamando le prerogative che loro spettano all’interno del CdA, anche in adempimento di obblighi a contenuto specifico finalizzati a garantire una corretta gestione della società, e le prerogative che sono loro accordate per tutelare i propri diritti. Spazio poi nel terzo capitolo agli assetti organizzativi, amministrativi, contabili adeguati ed i ruoli degli amministratori . All’art. 2381 c.c. che, a seguito della riforma organica del diritto societario, ha codificato per le s.p.a. anche non esercenti la propria attività in settori vigilati l’obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa, hanno fatto seguito le recenti novità introdotte dal Codice della crisi.Si tratta di interventi normativi di una certa rilevanza, dal momento che, per un verso, principi e regole previste in passato unicamente per le s.p.a. sono stati estesi a tutte le società e che, per altro verso, l’ordinamento impone a queste ultime di dotarsi di protocolli organizzativi e informativi che risultino idonei a rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale. Infine si fa il punto sulle responsabilità degli amministratori privi di deleghe che devono essere indagate in relazione al mutato quadro normativo di riferimento e alla luce dei parametri individuati nell’art. 2392 c.c. Si è cercato dunque di tracciare un quadro organico delle attività che essi sono chiamati a svolgere aggiornato alle recenti modifiche introdotte dal codice della crisi in termini di assetti organizzativi e procedure di allerta, con l’obbiettivo di definire una figura attuale dell’amministratore senza deleghe che sia di riferimento per tutti coloro che operano nell’ambito dei meccanismi collegiali di governance societaria. In questo quadro appare evidente che le funzioni dell’amministratore senza deleghe, in assenza di specifici requisiti di professionalità previsti dalla legge – nella normativa di riferimento, infatti, non ve ne sono – e fatti salvi ancora i casi in cui sia lo statuto societario a prevederli, richiedano comunque una conoscenza adeguata delle attività svolte nello specifico dalla società e, più in generale, un’adeguata professionalità funzionale al corretto svolgimento dell’incarico. Non è tuttavia questa la sola conoscenza necessaria per lo svolgimento del ruolo esaminato nel presente lavoro. Si è visto, infatti, che la vita di un’azienda si snoda attraverso attività di amministrazione, procedure complesse a rilevanza esterna quali la redazione e pubblicazione del bilancio di esercizio, funzioni di controllo ove sia prevista l’esistenza di tale organo ed infine funzioni deliberative proprie dell’assemblea dei soci. Seppur chiamato a compiti non esecutivi, come genericamente si definiscono quelli dell’amministratore senza deleghe, egli deve necessariamente conoscere in maniera adeguata la normativa che sovraintende al rito societario dell’impresa collettiva, non potendo esimersi dall’applicazione puntuale della medesima per il rispetto del già citato principio di legalità, interesse primario del mercato e della società civile ed altresì, e non ultimo, con lo scopo di qualificare come soggettiva la propria responsabilità – in quanto derivazione diretta del proprio operato – piuttosto che oggettiva – per il solo fatto di ricoprire un ruolo cui la legge necessariamente attribuisce doveri e responsabilità. Non vi è, e non vi deve essere, responsabilità quando si è operato nel rispetto della legge.I principi enunciati nelle conclusioni del presente documento devono porsi alla base di un meccanismo di “autovalutazione” non obbligatorio a livello societario, tranne nei differenti casi di società soggette a vigilanza e non trattati da questo documento, bensì individuale e necessario da parte dell’amministratore nella fase valutativa dell’accettazione della carica conferita.