Zangrillo e San Raffaele nel mirino per l’uso degli specializzandi. Su Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele tornato sulla bocca di tutti per aver affermato che clinicamente il Covid19 non esiste più, pende un’accusa pesante: l’ospedale e lui in particolare sono accusati di aver frodato il sistema sanitario nazionale per 28 milioni di euro. E come? Per essere rimborsati dal SSN i privati come il San Raffaele devono erogare servizi secondo dei parametri precisi. Ad esempio: in sala operatoria ci devono essere un numero dato di infermieri, medici, ecc. Secondo gli inquirenti alcuni medici risultavano presenti contemporaneamente in più sale operatorie e dunque l’ospedale ha potuto richiedere i 28 milioni di cui sopra alle casse pubbliche. Ma come i camici bianchi come avrebbero potuto essere ubiqui? Usando gli specializzandi, cioè i giovani medici che stanno completando il percorso di studi. Medici abilitati, ma di fatto ancora studenti che avrebbero sostituito in sala i colleghi più anziani. Un’operazione gravemente irregolare perché vuol dire mettere a rischio la salute di chi va sotto i ferri, la carriera e la vita del giovane buttato in prima linea senza coperture (se muore il paziente a chi resta il cerino in mano?) e prendere più soldi pubblici del dovuto. Forse domani verrà fuori che la tesi dei magistrati è campata in aria, ma per ora Zangrillo e San Raffaele nel mirino per l’uso degli specializzandi. Proprio quei giovani su cui si è spesa tanta retorica nei mesi passati.
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