Rotta balcanica, la lettera del SAP al ministro Lamorgese. Il Sindacato autonomo di polizia ha infatti ritenuto troppo preoccupante la situazione ai confini per rimanere in silenzio e ha preso carta e penna. Ecco dunque a proposito della rotta balcanica, la lettera del SAP al ministro Lamorgese:
Signor Ministro,
con la presente sottoponiamo alla Sua attenzione la grave situazione che da tempo si sta verificando nella provincia di Trieste, i cui territori sono interessati dalla c.d. rotta balcanica. Trattasi di un problema rilevante che si affianca a quello dell’immigrazione clandestina via mare e altrettanto importante da richiedere soluzioni immediate e una visione di medio-lungo periodo. Infatti, i dati concernenti l’immigrazione proveniente dal versante Nord-Est confermano la necessità di decisioni non più procrastinabili. È chiaro che analizzando il trend degli ultimi anni tale flusso migratorio non ha più un carattere emergenziale ma si è cronicizzato a fronte di un depotenziamento degli organici degli uffici della Polizia di Stato interessati. Infatti, i rintracci sono notevolmente aumentati ma dall’altro lato si è drasticamente ridotto il numero degli operatori di Polizia impegnati nell’attività di contrasto all’ immigrazione clandestina.
Basti pensare che nei mesi di giugno, luglio e agosto 2020 i rintracci erano stati complessivamente 1498 mentre negli stessi mesi quest’anno hanno raggiunto il numero di 2398. A fronte di ciò gli Uffici di Polizia sul territorio hanno subito un taglio consistente degli organici. La Polizia di Frontiera di Trieste oggi può contare complessivamente su un numero di 111 operatori mentre nel 2007, quando erano attivi i valichi di frontiera e la Slovenia non apparteneva all’area Schengen, la Polizia di Frontiera del capoluogo giuliano era costituita da 260 unità per lo svolgimento del lavoro ordinario di retro-valico. È facile osservare che in quel tempo però non c’era un fenomeno immigrazione così grave legato alla c.d. “rotta balcanica” né tantomeno un’emergenza sanitaria. Attualmente i migranti che entrano in Italia attraverso tale rotta sono principalmente di nazionalità pakistana, afghana e bengalese ed è immaginabile che con la crisi afgana il flusso migratorio non possa che aumentare.
Misure quali l’istituzione delle pattuglie congiunte con la polizia slovena e l’utilizzo dei droni, adottate dal Governo nel mese di agosto, si sono rivelate inadeguate. Le pattuglie miste sarebbero efficaci se operanti non a campione bensì su ogni quadrante di servizio, concordando con la polizia slovena i luoghi dove effettuare questo tipo di servizio. Inoltre, sarebbe stato necessario aggregare personale specializzato e non utilizzare esclusivamente, come invece si è fatto, il personale degli uffici territoriali, cosa che ha comportato un ulteriore aggravio di lavoro ad un organico notevolmente esiguo. Ai problemi di organico si aggiungono carenze di carattere logistico, sanitario e l’assenza di strumenti efficaci per una proficua attività di polizia. Rispetto al 2020, infatti, la Polizia di Frontiera nel 2021 non ha potuto procedere alle c.d. riammissioni informali che in passato avevano dato ottimi risultati. Inoltre, come anticipato, i quotidiani problemi legati alla rotta balcanica, interessata dai flussi migratori ormai da 30 anni, sono oggi aggravati dall’emergenza sanitaria correlata alla pandemia.
Ad esempio, negli ultimi giorni gli operatori di polizia si sono ritrovati, terminate le operazioni di identificazione e sbrigate le pratiche previste per legge, a dover “ospitare” per lungo tempo nei propri uffici i “rintracciati” nell’attesa che venissero collocati in strutture attrezzate. Nonostante gli sforzi profusi dalle Amministrazioni locali e la richiesta di stanziamenti della Prefettura per il miglioramento dei moduli abitativi, finalizzati alla realizzazione di un open-space dotato di una superficie vetrata che separi migranti da personale di vigilanza, siamo ben lontani dalle risposte che un fenomeno di queste proporzioni richiede. Infatti, i flussi migratori della c.d. rotta balcanica ormai non rivestono più carattere emergenziale, si protraggono da diversi anni e potrebbero incrementarsi a causa della crisi afgana.
Signor Ministro,
per le ragioni suesposte riteniamo non più procrastinabile l’adozione di un ampio programma idoneo ad assicurare la regolare attività di polizia nell’ambito dei servizi volti al contrasto dell’immigrazione clandestina nella c.d. rotta balcanica nonché a garantire la sicurezza degli operatori. Oggi è quanto mai imprescindibile una politica proattiva che anticipi le possibili conseguenze derivanti dalla crisi afgana. Nello specifico è indispensabile rinforzare adeguatamente gli uffici della Polizia di Frontiera, nell’immediato attraverso l’aggregazione di personale e nel medio-lungo periodo mediante un programma di potenziamento strutturale. È chiaro che le forze “ordinarie” in campo non sono sufficienti a gestire l’attuale flusso migratorio. Pertanto, a dispetto del mancato rinforzo di operatori delle Polizia di Frontiera proveniente da altre provincie è necessaria l’aggregazione di personale professionalmente preparato. Inoltre, la provincia di Trieste necessita altresì di strutture, mezzi e di un piano logistico adeguato ad affrontare un possibile ulteriore arrivo in massa dalle terre afghane. Per quanto concerne nello specifico la Polizia di Frontiera occorre fornire agli operatori mezzi e dotazioni adeguate nonché procedure efficaci e funzionali quali le “riammissioni informali”.
Signor Ministro,
Le chiediamo pertanto di volersi attivare tempestivamente e di farsi promotore in seno al Governo di un’azione politica all’altezza delle necessità evidenziate. Auspicando che siano assunte al più presto le opportune e necessarie determinazioni e in attesa di un cortese urgente riscontro, si porgono distinti saluti.
IL SEGRETARIO GENERALE
– Stefano PAOLONI –
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