San Siro: un’alternativa esiste. Le amministrative si sono concluse con un risultato abbastanza scontato e con la riconferma del Sindaco che più di tutti ha sempre voluto buttare la palla in avanti verso l’apertura di Milano ad eventi e manifestazioni internazionali. E in modo altrettanto scontato si è riaperto un dibattito sulla eventuale demolizione e ricostruzione dello stadio, che mai come adesso acquisisce connotazioni che vanno ben oltre l’aspetto urbanistico e finanziario. L’impatto adesso è decisamente “politico” ,inutile negarlo. Considerando anche il fatto che proprio nel Marzo di questo anno, a ridosso della campagna elettorale più scontata del secolo, lo stesso Sala aveva dichiarato al mondo (soprattutto quello imprenditoriale) , della sua adesione alle politiche “green” e la sottoscrizione di un impegno che rendesse Milano il fanalino di testa della cosiddetta “transizione ecologica”. Non possiamo dire con esattezza cosa ci sia di così ecosostenibile nel ribaltamento totale di un quartiere secondo i piani (per il momento solo formalizzati con una dichiarazione di interesse e non un vero piano di progettualità) presentati a più riprese dalle due società calcistiche, che nell’ultimo biennio hanno fatto letteralmente a cazzotti con le iniziative popolari di contrasto fra una petizione ancora aperta, un ricorso al Presidente Mattarella e diversi presidi e sedute di commissione consiliare consumate nei pareri spaccati delle forze politiche presenti. Non è cambiata di molto la composizione del Consiglio comunale di Milano e già comincia un toto-scommesse sui nomi di quanti esprimeranno un voto favorevole, contrario o si defileranno dalla mischia in area fuggendo nell’astensionismo in corner, per usare una serie di eufemismi a tema. Sorvoliamo però su questi aspetti di folklore spiccio, come su tutte le analisi e le controdeduzioni apparse in altre testate in questi mesi in merito all’inadeguatezza della proposta delle due squadre e i rischi annessi a cotanta cementificazione e stravolgimento delle dinamiche abitative e di mobilità dei quartieri adiacenti. E’ un refrain che conosciamo ormai fin troppo a memoria e che evitiamo di rispolverare per non incorrere sempre nelle accuse di una protesta sterile di carattere “populista” o nella logica “nimby” di quanti concittadini hanno saputo in ogni caso unirsi in unico coordinamento di opposizione , fatto comunque di studio e di controproposte. E difatti la nostra riflessione riparte da una “controproposta” di cui non possiamo non tenere conto ed è alla base di una partita ancora lunga da giocare. Un nostro “no secco” alla demolizione della “Scala del Calcio”, viene accompagnato da un piano concreto di progettualità che salverebbe sia il manufatto a cui tutta la città è legata sentimentalmente e sportivamente a doppia mandata , nonchè la qualità di vita di quartieri che meriterebbero riflessioni di ben altro tenore. Buttiamola lì ..magari qualche vero accorgimento di ristrutturazione del patrimonio Aler , tanto per fare un esempio. Una controproposta quindi esiste, e proviene da Varese, guardacaso quella provincia che ha dato ospitalità al centro di allenamento di una delle nostre due compagini e che adesso ritorna a salvataggio del tempio del calcio. Sono il duo di ingegneri Riccardo Aceti e Nicola Magistretti. Due personalità legate al mondo della progettazione e della gestione delle infrastrutture , ma con un cuore sensibile al valore dello sport. Il cuore di Aceti è decisamente rossonero e con il ricordo nostalgico di chi ha vissuto le “notti magiche” di quell’Italia ’90 che tutto il mondo ci invidiava.
Cinque anni fa il calcio di inizio con i suoi studenti del Politecnico al progetto più importante della sua vita che riguarda la messa in evidenza delle “peculiarità” della struttura del Meazza. Adesso però il progetto acquisisce un obiettivo in più , perchè diventa una vera e propria “rescue operation” per scongiurare la demolizione dello Stadio. Ed è quindi con piacere che abbiamo salutato in fase di commissione e di presidio il progetto che ha visto l’avvicendamento di Magistretti per la parte economica e di fattibilità , nella presentazione ufficiale di quella che è ormai nota a tutti noi come la “Galleria Panoramica”. Nulla a che vedere con lo sfarzo e l’imponenza di Popolous e Manica Sportium che comunque rappresentano una re-interpretazione del progetto in chiave assolutamente moderna, ma in questo caso partiamo da due concetti fondamentali : la riqualificazione dell’esistente , e l’assenza totale di qualunque tentativo di consumo di suolo. Un dato non da poco per una città che si prefigge il primato anche sul piano della transizione ecologica. L’alternativa quindi esiste e presuppone un riuso parziale dello stadio partendo dal terzo anello, settore che oggi rimane in parte inutilizzato e che rappresenta un elemento non determinante per la sola fruizione dell’evento sportivo.
Il fulcro dell’intervento proposto riguarda l’inserimento di una grande galleria panoramica che sostituirebbe le campate del terzo anello esistente, poggiando sulle torri già esistenti che permetterebbero, inoltre, l’accesso alla galleria stessa. Questo porterebbe senza difficoltà ad un percorso di fruizione dei nuovi spazi commerciali, multimediali e museali sette giorni su sette come auspicato anche dalle due società calcistiche. Non più un mausoleo o un luogo che vive di sacralità per la durata dei 90 minuti canonici o per un concerto estivo di un’ora e mezza con la solita minaccia di sforamento dei decibel. La struttura c’è e non ha bisogno di ulteriori innesti nel raggio di pochi chilometri, tenuto anche conto del fatto che nei sogni più proibiti delle due società calcistiche , ci sarebbe proprio quella di erigere il nuovo stadio, in maniera sconsiderata , proprio laddove sorge il “parco dei due Capitani”, unico spazio verde e di commemorazione della storia calcistica milanese. Solo questo affronto, meriterebbe la nostra opposizione più sfrenata. Ma quali sono i punti di forza della “Galleria Panoramica”? Di per sé rappresenta un vero e proprio “jolly” in più da giocare. E’ quel surplus funzionale che non esiste in nessuno dei due progetti esistenti della Cattedrale o gli Anelli che al contrario si fermano ad un dato meramente scenografico.
- La salvaguardia del manufatto e il suo valore storico sono garantite (Basilare).
- La ristrutturazione in questo caso presenta costi decisamente dimezzati rispetto ad un intervento di costruzione ex-novo (300 milioni per la riqualificazione prevista dalla Galleria contro i 650 milioni totali per una ricostruzione totale, a parità degli stessi guadagni e stesso reddito! Non basta?)
- La riqualifica verrebbe ultimata in tempi assolutamente ragionevoli e decisamente in anticipo , garantendo quindi la disponibilità per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali del 2026.
- Non c’è consumo di suolo né spreco di ulteriori volumetrie (Scusate se è poco…)
- Non in ultima istanza , con questo intervento rimane concessa ampia possibilità di eseguire interventi supplementari, esterni allo stadio , nel rispetto dell’indice del Piano di Governo del Territorio, e di conseguenza riqualificare le aree di parcheggio oggi già cementate, e le aree che abbiamo già menzionato, di competenza ALER. Ma tutto questo con un vantaggio a favore, ossia con la libertà di decidere dove e come fare gli interventi, senza l’ingombro di un nuovo cantiere adiacente che richiederebbe proprio un nuovo stadio. Con buona pace sia del quartiere che gli stessi assessorati coinvolti nella progettualità in ambito abitativo.
Sulla carta sembra la soluzione vincente. Ma allora perché non piace ai club? Semplice. Perché come ben sappiamo non è nemmeno lo stadio il centro delle riflessioni e delle velleità su un intero quartiere ormai sovraccarico di progetti a cavallo fra l’intrattenimento e il portafoglio. Se si fosse trattato di un semplice fenomeno calcistico con lo scopo di trovare un contenitore idoneo per questo moderno spettacolo goliardico, molto probabilmente il problema si
sarebbe già risolto da tempo non trovate? Lo stadio è il pretesto per innescare una nuova “Guerra di Troia” dove ben poco contano le opinioni cittadine, mai ascoltate o comunque circoscritte in brevi pareri di qualche sessione di Commissione, che vale come sfogatoio giusto per garantire una parvenza di consultazione e democrazia diretta.
Il problema è soltanto uno e riconducibile purtroppo ad una sorta di patologia voluta. Ad uno stato di “scotoma” ideologico dilagante.
Si dice che la mente vede ciò che sceglie di vedere. In questo caso anche la politica e le finanze non fanno diversamente e vedono solo ciò che conviene. Di sicuro non vedono ciò che è giusto per il cittadino , il capoluogo e la sua storia.