Suicidi nella Polizia locale: e se non fosse un caso? Ecco i motivi per i quali sala non deve impedire la commissione d’inchiesta richiesta da De Corato. Secondo l’OMS (World Health Statistics 2019: monitoring health for the SDGs, sustainable development goals), in Italia, il suicidio è una scelta prevalentemente maschile e, solo in modo residuale, femminile (l’80% dei casi di suicidio è riferibile a individui di sesso maschile). Pertanto, pure inquadrato nel dato elevato dei suicidi delle forze dell’ordine, la serie di suicidi femminili della Polizia Locale di Milano (quattro casi in meno di due anni), rappresenta un’anomalia che merita una riflessione accurata.
La letteratura in materia, soprattutto francese, ha iniziato da tempo ad interessarsi ai fenomeni dei “picchi suicidari”. Famoso rimane quello di France Télécom che, fra il 2008 e il 2010, portò a ben cinquantotto suicidi. Successivamente fu la volta de “la Poste”, anche qui, con decine di suicidi. Questi eventi avevano in comune il collocarsi in una situazione di crisi per una profonda ristrutturazione societaria, la conseguente caduta di percezione del ruolo, l’aumento dell’angoscia per il futuro. La situazione di tensione era stata l’elemento deflagrante, in grado di rompere equilibri psicologici precari, e di sfociare nella scelta estrema di molti lavoratori e lavoratrici. Possiamo serenamente escludere che dinamiche interne all’organizzazione della Polizia Locale di Milano abbiano giocato lo stesso ruolo di rottura degli equilibri?
Di queste dinamiche interne ne cito alcune, a mero titolo di esempio:
1) la percezione di non essere importanti per l’Amministrazione, le cui azioni sono state elaborate da molti, a torto o a ragione, come una sorta di rivalsa contro una categoria invisa (si veda non tanto la questione dell’introduzione del badge quanto la sua dinamica – improvvisata, raffazzonata e dai chiari profili punitivi);
2) la degenerazione dei rapporti con la catena di comando, percepita sempre più distante, algida e indifferente alle problematiche soggettive del Corpo;
3) l’odio sociale per il ruolo e le mansioni svolte, non adeguatamente delimitato dai vertici, ormai da anni silenti su ogni cosa succeda ai lavoratori e alle lavoratrici della polizia locale di Milano;
4) il senso di abbandono e di marginalizzazione del ruolo ricoperto con forte misconoscimento dell’impegno prestato;
5) Problemi nei rapporti con gli ufficiali e colleghi con possibili fenomeni di molestia di genere (per favore non facciamo i puritani che questi fenomeni sono diffusi).
La richiesta della commissione di indagine, quindi, nasce proprio come risposta NECESSARIA alla domanda posta a titolo di questo ragionamento: “E se non fosse un caso?” Chi ha già accettato che lo sia, commette un tragico errore. Si faccia in modo che delle persone esperte, analizzino il sussistere o meno di elementi migliorabili, indicando riorganizzazioni percorribili e l’introduzione di correttivi e controlli. Io sono convinto sia possibile farlo. Spero che se ne convinca anche il sindaco Sala, permettendo, senza se e senza ma, che si apra un dibattito pubblico sulla questione, anche se siamo in campagna elettorale.
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