Gli ospedali di comunità non siano cattedrali nel deserto. Puntare con forza sulla medicina territoriale per iniziare il percorso di riforma della sanità italiana. Per ora questa resta una delle tante promesse a cui si fatica a dare concretezza. Il PNRR dovrebbe immettere i fondi necessari ma il quadro che possiamo immaginare resta complicato. Case ed ospedali di comunità dovrebbero quindi garantire la prima assistenza e le cure ai cittadini per allentare così la pressione sulla prima linea dell’assistenza. Concordiamo nell’ investire sulle strutture: ma rischiano di rimanere delle vuote cattedrali nel deserto. Con cosa le riempiremo visto che gli organici sono assolutamente carenti? Ci chiediamo anche in che modo si possa pensare di dare impulso alla figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, quindi preposto agli interventi sul territorio, se per rafforzare le fila dei professionisti si ha notizia, come accaduto recentemente a Ravenna, del reclutamento di personale dall’estero. La realtà è che le professioni sanitarie si mostrano in Italia sempre meno attrattive per le difficili condizioni di lavoro, con turni massacranti e poca sicurezza, e per contratti assolutamente inadeguati, tra i più bassi in media dell’intera Europa. Non basta pensare astrattamente a un nuovo SSN e lanciare slogan. Per una sanità migliore la strada da percorrere è una sola: investire sul personale.
di Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale della Ugl salute