Domenica mattina è stato presentata nella sede del Museo Martinitt e Stelline, l’edizione italiana del libro di H. Remsen Whitehouse su Cristina Trivulzio di Belgiojoso, una donna straordinaria vissuta nell’800 (1808 – 1871). Principessa, di famiglia ricchissima, coltissima, poliglotta (conosceva 4 lingue, tra cui l’arabo) giornalista e direttrice di giornali da lei finanziati, scrisse romanzi e trattati politici.
Nella Repubblica romana fondò le ambulanze, piccoli presidi sul territorio per fornire il primo intervento ai feriti e a coloro che necessitavano di un soccorso urgente, e ciò alcuni anni prima che venisse ideata e fondata la Croce Rossa. Fondò varie istituzioni caritatevoli in Italia e all’estero.
Tra tutte queste attività, la causa cui si dedicò con maggiore impegno e continuità fu quella rivoluzionaria, per la liberazione della sua terra dal dominio austriaco. Per questo fu esule a Parigi e poi a Napoli, da cui partì, noleggiando una nave a vapore, con duecento volontari napoletani per dar man forte ai milanesi in occasione dei moti del 1948. Frequentò Mazzini e Manzoni, con i quali i rapporti non furono sempre idilliaci, dato il carattere decisamente forte e l’originalità delle sue posizioni.
Tutto ciò (e molto altro che non può trovare spazio nell’economia di un articoletto) nel diciannovesimo secolo, quando il ruolo femminile era molto, molto lontano dall’emancipazione attuale: un personaggio rivoluzionario in tutti i sensi, con una personalità decisamente poliedrica, tanto da farla definire da Carlo Cattaneo: “La prima donna d’Italia”.
Un grande personaggio, allora conosciutissimo a livello internazionale, totalmente dimenticato ai giorni nostri: Milano le ha dedicato solo una modesta via di periferia.