Sbanda il concorso per il Museo del 900

Sbanda il concorso per il Museo del 900. A spiegare la situazione su Facebook è l’architetto Andrea Bonessa. Un esempio che ci deve far riflettere al di là della nostra professione, oltre la nostra professione. A quattro giorni, quattro, dalla scadenza del Concorso per il Museo del 900, l’ente banditore manda una lettera delle soprintendenza che sconsiglia, se non addirittura si oppone, al collegamento RICHIESTO ESPLICITAMENTE DAL BANDO STESSO tra le due Torri dell’Arengario con il contemporaneo divieto ad un intervento ipogeo. Una posizione che l’Ente banditore conosceva benissimo, come si evince dalla lettera, e su cui ha sorvolando facendo lavorare centinaia di studi internazionali inutilmente. Un dilettantismo con cui è stato redatto tutto il bando, pieno di errori e imprecisioni, che ,con questa ultima notizia, dimostra la mancanza di rispetto e di considerazione degli uffici diretti dall’Architetto Collarini, che ha dichiarato di aver impegnato ben 25 persone alla redazione del bando, per i cittadini e i progettisti. Un’ approssimazione che avevamo già segnalato all’Ordine, che è corresponsabile come gestore della piattaforma Concorrimi, e su cui l’ordine non è minimamente intervenuto. Ha ragione Cattelan: questa è la risposta che riceviamo quando chiediamo trasparenza, professionalità, competenza.

Qui la lettera della soprintendenza:
La foto rappresenta l’opera che dovrà essere esposta a rappresentazione della considerazione degli uffici nei confronti dei progettisti ( e anche dell’Ordine nei confronti dei suoi iscritti)
Si pubblicano di seguito i chiarimenti tecnici pervenuti dalla Soprintendenza:
“Il bando chiede «di progettare un collegamento aereo tipo passerella» tra le due torri-propilei dell’Arengario. Tale collegamento aereo tipo passerella presenta la criticità di un elemento architettonico che intercetta l’asse da Piazza Scala, Galleria Vittorio Emanuele II, Arengario, Largo Diaz, Grattacielo Martini. Questo asse nord-sud trasversale al Duomo forma un cannocchiale visivo e prospettico di straordinaria valenza urbana. Nel tempo si è costruita una scenografia alla scala urbana, che è stata il cardine e il principio compositivo, enunciato già nel concorso del 1861, rafforzato nei successivi interventi finalizzati ad esaltare la lunga prospettiva dalla Galleria, nei propilei delle due torri dell’Arengario (dove era già l’arco monumentale del braccio di Palazzo Reale), prolungata poi lungo l’asse di largo Diaz con la creazione di un fondale scenico nello snello Grattacielo Martini.
A fronte delle criticità evidenziate, molto palesi, non significa che il collegamento non sia possibile. Si vuole evidenziare infatti che altre soluzioni di collegamento e ampliamento parrebbero in modo significativo meglio contemperare le caratteristiche storiche architettoniche e urbane proprie del complesso, già proposte da questa Soprintendenza e che a parere della scrivente sono da privilegiarsi; diversamente non vengono indicate nel bando, e sembrerebbero quasi disincentivate. Mi riferisco, come è noto agli indirizzi della presente, alla soluzione alternativa, non di inferiore valenza funzionale ed architettonica, di un collegamento ipogeo tra le due torri di fatto già esistente, da ampliare come hall e snodo distributivo, di accoglienza con servizi di supporto, in posizione centrale tra le due torri dell’Arengario. La soluzione per intendersi è quella della piramide del Louvre di Pei che ha creato nuovi valori iconici e il cuore ipogeo della nuova distribuzione dei musei del Louvre.
Tale opzione alternativa incontra il favore di questa Soprintendenza, come è stato ampiamente spiegato negli incontri e supportato nel sopralluogo congiunto nei sotterranei, dove sarebbe sufficiente ampliare e potenziare il collegamento ipogeo (già esistente) per farne il fulcro museale tra le due torri. La soluzione offre inoltre enormi potenzialità di accessibilità e continuità con gli ampi spazi della Metro nelle aree dell’ex bunker sottoutilizzato e adiacente, tra l’altro, all’area archeologica del Battistero di San Giovanni in fonte e Santa Tecla sotto il sagrato del Duomo.
Per il secondo Arengario il progetto e lo studio di fattibilità richiesto nel bando dovrebbe tenere conto degli elementi superstiti originali più significativi, tra i quali a titolo indicativo, la volta ribassata del portico, il soffitto cassettonato a losanghe e gli infissi sempre a losanghe della loggia.”