Il ruggito di Delpini contro l’insulto di Papa Francesco. Perché il vescovo di Milano nei giorni scorsi si è fatto sentire. Ci è andato giù duro, secco e ficcante come un vero milanese. Dritto al punto: perché il Papa ha nominato cardinale il vescovo di Como e non quello di Milano? Questa è la domanda. Perché Francesco sarà pure un sovrano assoluto e un gesuita, ma quando devia così dal percorso dovrebbe avere la cortesia di fornire qualche spiegazione. Milano non ha mai accolto male un Papa ed è vero che avrà la sua tradizione ambrosiana, ma non per questo deve subire gli schiaffi di Roma. Anzi. Semmai andrebbe valorizzata. Sta di fatto che Delpini gli ha ricordato alla milanese che “il Papa tifa River, una squadra che non ha mai vinto niente”. Un modo semiserio per ricordargli che il vescovo di Milano non è l’ultimo dei campesinos, ma una figura che andrebbe rispettata. Che non si tratta solo di uno dei tanti “bauscia” troppo indaffarati (cit.), ma di un rappresentante di primo piano della Chiesa. Sicuramente più del vescovo di posti ricordati solo come luoghi da cui le Lucie se ne vanno. Ma Il ruggito di Delpini contro l’insulto di Papa Francesco probabilmente non avrà altre eco, sarà perdonato per essere dimenticato. Come da tradizione cattolica. Per la città però è uno schiaffo pesante. Che si sia cattolici o meno. Perché è il segno di una mancanza di rilevanza del capoluogo lombardo come non se ne vedevano da generazioni. Un tema su cui riflettere.