Prete bergamasco al Pride: polemica con la stampa. In questi giorni si è celebrato il Milano Pride con un grande successo: come ha notato qualche commentatore si sono contate più presenze lì che al 25 aprile. Dato che dovrebbe far riflettere sui tempi moderni e sui temi che davvero interessano alle persone. Ma torniamo al caso: sui social appaiono materiali che riportano la presenza di religiosi alla sfilata e il quotidiano Bergamonews riprende la notizia. Ma subito scoppia una polemica e arrivano le precisazioni. Ecco la replica arrivata a Bergamonews:
A seguito di quanto sopra pubblicato, don Marco Luca Bertani scrive: “Non mi pare di essere in un periodo di riflessione vocazionale. I miei superiori mi conoscono e sanno che sono felicemente prete. Prete che cerca nel suo piccolo di accompagnare quella porzione di Chiesa e quei fratelli, credenti e non, sofferenti e che si sento esclusi, giudicati e abbandonati”.
Una replica a cui è stato dato subito spazio, ma che non placa l’ira religiosa a quanto pare. Eppure conferma quella che secondo la stampa era la notizia, cioè religiosi ufficiali che sfilano a una manifestazione dove di solito i simboli religiosi vengono vilipesi. Almeno secondo quella che appariva come la linea della Chiesa sul Gay Pride dove si sono viste Madonne di tutti i tipi e altre diciamo interpretazioni dei simboli del cristianesimo. Gesti insomma di quelli che non sembravano “credenti sofferenti”, ma piuttosto antagonisti della Chiesa e dei suoi valori. Anche se va riconosciuto a Don Bertani che pure Gesù era malvisto dalle gerarchie ecclesiastiche perché predicava un’altra religione. Sicuramente è suggestiva l’idea di colmare la mancanza di vocazione che si riflette dalle immagini di chiese sempre meno frequentate con le moltitudini del gay pride. Certo c’è un rischio di perdere tutti gli altri, ma l’idea resta suggestiva. Così come il caso della diocesi di Bergamo che negli ultimi anni sta regalando quelle che forse si possono definite “pillole di progressismo” sul tema dell’omosessualità. Vedremo come si risolverà lo scontro con la stampa, ma intanto sarebbe curioso sapere se anche a Roma qualcuno se ne sta accorgendo. Magari è un esperimento per vedere se funziona.