Quali sono i 150 progetti di Sala? La domanda, se lorsignori permettono, è lecita. Perché solo in certi documentari sul Sud Italia e i suoi problemi si erano visti sindaci ammettere che buona parte dell’attività amministrativa può essere fuorilegge se un magistrato la mette sotto la lente. Per altro, proprio come in quei lungometraggi, senza che il suddetto sindaco venga subito prelevato dalle forze dell’ordine per fornire esaustive spiegazioni. Certo, Milano esce da decenni di magistratura al servizio della politica, quindi per la politica è difficile comprendere i propri limiti. Che poi sarebbero quelli che impone ai cittadini, cioè il rispetto della legge e dei regolamenti. Abbiamo anche un bel pezzo si stampa cittadina, per altro che si autodefinisce progressista, che sembra ormai completamente fuori fase. Perché va bene tutelare gli inserzionisti, ma non a scapito della città. Perché se no i giornali sono buoni giusto per incartarci il pesce. Una stampa normale sarebbe un valore aggiunto come una magistratura normale, ma se la seconda c’è, sembra che la prima stenti a decollare, d’altronde anche al Corriere dopo il Ventennio ammisero di non essere certi di saper fare un giornale libero. Però sarebbe il caso di provarci, perchè il gusto della cronaca dalle macerie è molto italiano, ma nel senso delle macchiette messe in scena da Checco Zalone. Una stampa normale chiederebbe tutti i giorni a Sala quali sono i 150 progetti che secondo lui sono indagabili dalla magistratura. Perché ai lettori potrebbe interessare sapere quanto è ampio il danno. Magari invece di delirare su presunti complotti politici di una magistratura finalmente normale sarebbe il caso di confessare tutto ora, quando forse siamo ancora in tempo a rimediare. Perché Milano sa anche offrire seconde opportunità, per chi si lascia alle spalle gli errori. Ma certo per sapere quali sono i 150 progetti di Sala bisognerebbe rischiare di non avere più in anticipo la notizia sulla nuova pista ciclabile o l’ultima sparata politica. Per una stampa normale non sarebbe un problema, certo bisognerebbe pure smettere di prendere aperitivi in Brera o al Bar Basso e fare il lavoro per il quale si viene pagati. Ovvio? Mica tanto negli anni Venti del Duemila…
P.S. Noi dei 150 progetti abbiamo chiesto e terremo aggiornati i lettori dell’Osservatore