Che succede a Milano? Perché il suo centro è diventato pericoloso. Molto pericoloso. Le bande di giovani e giovanissimi si trovano nelle vie principali per affrontarsi in lotte che deturpano monumenti, oppure riemergono episodi come Colonia, quando la Germania scoprì che l’accoglienza di milioni di persone con una cultura molto diversa dalla nostra vuol anche dire decine di donne molestate in un grande rito collettivo che si ripete spesso in diversi Paesi musulmani. Le donne si sono riscoperte in pericolo una volta di più. Non erano sufficienti le violenze domestiche e sul lavoro. Ora ci sono anche quelle d’importazione. Perché duole dirlo ma Oriana Fallaci non era certo scema. Dura e rissosa come la maggior parte dei toscani, ma sicuramente non scema: lo scontro di civiltà è questo, non tanto nella versione biblica a cui ci si attiene, ma il sostrato culturale nettamente diverso. Poteva essere un incontro, ma come spesso accade l’Europa era troppo impegnata a intorcinarsi sul proprio senso di colpa e sulla propria voglia di autoflagellarsi invece che a organizzarsi per gestire l’immigrazione non subirla. Già nel 2018 l’Ambrosianeum avvertiva sui rischi di quanto stava succedendo nella città metropolitana: rischio banlieue. Sul territorio di Milano nella sua massima estensione si stava già condensando una situazione simile a Parigini, dove le periferie esterne alla città che per noi sarebbero Sesto San Giovanni, Rozzano, ecc, sono diventate il luogo in cui vivono i poveri e gli immigrati. Persone che entrano a Parigi per lavoro o per protesta. Sembrerebbe dunque la stessa identica situazione di Milano oggi che si ritrova con i boschi verticali e le donne violentate dai Genovese in casa e dai gruppi di assatanati per strada. La soluzione non può certo essere chiudere ulteriormente il centro città visto che già esiste la discutibile Area C, ma qualcosa qualcuno lo dovrà pur fare. Perché Milano è sempre stata sinonimo di lavoro e civiltà. Come può essere ridotta a capitale delle violenze contro le donne?