Alla ricerca dell’errore lombardo. Nelle prossime settimane si cercherà di capire da più parti quale sia stato il momento in cui si è passati da avere una sanità eccellente a una sanità in pezzi. Bisogna cioè partire alla ricerca dell’errore lombardo. Perché tanto la guida della pandemia alla fine l’ha presa lo Stato: per la parte digitale ci penserà Poste, mentre per quella logistica la Protezione civile nazionale. Dunque c’è tempo di provare a raccapezzarsi. Matteo Salvini ha spiegato in una dichiarazione che il problema per lui è qualche tecnico all’interno del Pirellone che ha sbagliato la programmazione dei vaccini. Almeno è un’idea. E sicuramente con fondamento, perché le strutture tecniche lombarde sono andate in tilt. In parte però è colpa anche della politica, perché è la politica a selezionare i vertici delle strutture tecniche. Ma ancora prima c’è un problema di classe dirigente lombarda: da troppi anni le posizioni alte delle liste elettorali sono occupate dagli stessi nomi, spesso incapaci tra l’altro di costruirsi un percorso oltre quello della rendita di posizione. Ci sono consiglieri comunali che sono rimasti sempre tali e tali rimarranno. Eppure persino loro hanno la possibilità di dire qualcosa. Pure di fare telefonate per cercare di complicare la vita ai giornalisti che non sono allineati. Allora forse l’errore lombardo è lì: nei volti stantii e incattiviti di gente la cui vita politica non è mai decollata. Come possono essere selezionati i giusti tecnici se chi li seleziona fa parte di quelle che a carte si chiamano scartine? Vero è che in Italia è stato vicepremier uno non laureato e con alle spalle una carriera da ragazza delle sigarette stile Betty Boop, ma questa è Milano e la Lombardia. Una regione che merita di meglio. Merita di più. Altrimenti la ricerca dell’errore lombardo sarà l’ennesima perdita di tempo mentre si corre verso un burrone.