Statue e donne: una questione irrisolta. In questi giorni a Milano si sta discutendo molto di una statua raffigurante una donna. E fin qui potrebbe anche non essere un tema difficile, diciamo non difficilissimo. C’è un però: quella è una mamma. E da questo particolare si è scatenato il putiferio. Perché a questo punto secondo il Comune di Milano è diventata “divisiva”. Non sorprende perché da anni Palazzo Marino è impegnata a chiudere asili e scuole pubbliche e a stendere piste ciclabili che secondo i magistrati sarebbero pure irregolari nonché causa di morti e feriti sulle strade. Segno che l’interesse per gli asili nido e dunque per madri (e padri) è secondario, almeno stando alla mole di investimenti riservati ai capitoli di bilancio che in mondo normale sarebbero chiamati semplicemente “necessità dei cittadini”. Però piace invece parlare di bilanci. Perché il bilancio di per sè è asettico. Se dal bilancio togli i bambini e i disabili, per dire, i conti tornano in attivo perché quelle sono figure in perdita. Tant’è che la figura della madre in sé è osteggiata da tutti, molte donne comprese. Perché alla fine una madre è un elemento in perdita del sistema economico. Crea vita, dunque costi. Invece se si dedica solo al lavoro crea denaro da spendere in mille e una attività. Così resta attiva con la sua bicicletta a girare su e giù per le vie alla moda delle città in cui gli chef di alta cucina ormai idoli delle folle impediscono ai bambini di entrare nei loro ristoranti prima di una certa età, perché i bambini sono un elemento di disturbo. Così come le madri e i padri. Gente piena di esigenze tipo uno stato sociale e senza voglia di rincorrere lo status sociale. Così sulle statue e donne è una questione irrisolta a Milano. Persino l’idea di mettere una statua che raffigura una madre di fronte alla clinica Mangiagalli, tempio della natalità meneghina, sarebbe un insulto perché ci sono donne che interrompono la gravidanza. Secondo questo schema di pensiero dovremmo bruciare arazzi e scalpellare per qualche anno perché nell’arte stranamente secondo i wokisti è pieno di riferimenti a gente (persino divinità) a cui la vita piaceva. In cui le persone non erano un mero elemento del sistema economico. In cui gli esseri umani potevano essere tali senza dover contare su uno stipendio. Ma questo ovviamente è il passato. Nel presente le madri sono un simbolo divisivo. Qualcosa da nascondere. Magari in una grotta. Oppure più semplicemente da evitare. Così non si offende nessuno.