Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/6: Il report su Volpi Carrai e altri. Abbiamo visto negli articoli precedenti come attraverso una serie di mail anonime si siano creati i primi passi per cercare di costruire una rete di fake news intorno al management di Eni spa. Specialmente riguardo agli affari nigeriani della compagnia. Perché l’obbiettivo del gruppo all’opera per costruire la rete di informazioni false è entrare nei ricchi affari che si realizzano nel continente nero. Lì valgono molto meno alcune regole a cui bisogna sottostare in Europa. Dopo aver aperto la campagna con le mail anonime, il gruppo decide di iniziare a metterci la faccia andando dai pubblici ministeri a raccontare alcune storie. La prima che abbiamo visto è del 2015 e racconta di un presunto rapimento in via Watt a Milano. Per seguire lo stesso filone del racconto Alessandro Ferraro, avvocato campano trasferitosi a Milano, sembra decidere di proseguire sulla stessa strada. E dai pm a raccontare che anche intorno alla sua casa di Siracusa ci sarebbero movimenti sospetti: “Da diversi giorni appena torno a Siracusa trovo persone piazzate sotto casa mia che pare controllino i miei movimenti” dichiara. Il racconto segue sempre il filone della spy story già iniziato con le mail infarcite di miniere d’oro, segreti industriali, spie nigeriane e italiane, con il contorno di amanti spregiudicate. Ma siamo a settembre 2015 e Ferraro e un suo socio decidono di metterci il carico da novanta depositando anche un report dettagliato (alcune parti le trovate nelle immagini di questo articolo). Massimo Gaboardi, il socio di Ferraro, fa la sua entrata in scena in modo deciso: il report infatti parla di chiunque, ma parte subito svelando la sua fonte. Si tratterebbe di Pietro Varone “grande accusatore nel processo per corruzione internazionale intentato contro il dott. Paolo Scaroni, Eni spa, Saipem spa e altri dirigenti (che in più occasioni mi ha manifestato la sua volontà di ritrattare le accuse contro il sig. Paolo Scaroni perché, a suo dire, inventate per compiacere l’organo inquirente “. Niente meno. Quindi le informazioni riservatissime di cui sarebbe in possesso arrivano da un ex manager che avrebbe accusato di corruzione il suo capo perché lo volevano i magistrati. Ecco perché Gaboardi chiede “a tutela della mia incolumità personale” che le informazioni vengano trasmesse ai “vertici dello Stato”. E poi via, si ricomincia: il primo nome dopo Varone è Gabriele Volpi. Il ricchissimo imprenditore che secondo le ricostruzioni viste fin qui sarebbe al centro di trame di ogni genere. Infatti nel report viene citato come colui che mette in contatto Varone con membri corrotti dei servizi segreti nigeriani, tali Pesal e Abuchta Sani. Personaggi che avrebbe visto tra Barletta e Siracusa. Insieme avrebbero orchestrato una manovra per far nominare Umberto Vergine ad di Eni spa. Con il supporto di tal Raduan Khawthani che nel giro di due righe diventa rappresentante di imprenditori iraniani e poi siriani (immagine 2). Ma non solo: il soggetto sarebbe in buoni rapporti ambienti americani e in particolare “con la Fondazione Clinton”. Un riferimento alla Clinton non poteva mancare, perché in quel periodo si profila a livello internazionale lo scontro Clinton-Trump. Mente a livello italiano l’uomo potente del momento è Matteo Renzi, ecco dunque che questo iriano-siriano-americano parla di Carrai e Bacci. Il primo (“che è entrato in contatto con Gabriele Volpi”) come si sa è un imprenditore vicinissimo a Renzi e per questo Khawthani lo avrebbe avvicinato, così come successo con l’imprenditore Andrea Bacci ex socio di Tiziano Renzi (e per altro finito nei guai con una condanna a due anni nel 2019 per un impiccio economico sulla sua srl). Stranamente tutto questo potere internazionale non serve a un tubo e Vergine non diventa ad di Eni. Allora secondo il report i servizi nigeriani decidono di bombardare di mail zeppe di informazioni sensibili i vertici di Eni e non solo. Lo scopo sarebbe sempre quello di destabilizzare i vertici della multinazionale grazie ai consiglieri Zingales e Litvak (parte del complotto secondo il report). E Gaboardi dice di crederci a tutta questa ricostruzione perché successivamente aveva saputo della campagna stampa contro De Scalzi e già in altre occasioni la fonte si era rivelata attendibile come nel caso della “preannunciata condanna del dott. Silvio Berlusconi poi a me confermata dallo stesso giudice Esposito che nel corso di occasioni conviviali in momenti di sua perdita di controllo mi ha personalmente manifestato il suo pregiudizio nei confronti dell’ex presidente del Consiglio”. Quindi a leggere il report con attenzione Gaboardi sostiene che Varone e la sua rete di spie nigeriane e affaristi siro-iranian-americane avrebbero anticipato anche la condanna di Berlusconi nel 2013 da cui scaturì una lunga querelle legale ancora in corso. Già così, un investigatore normale dovrebbe chiedersi perché questa presunta organizzazione avrebbe dovuto interessare uno sconosciuto manager delle future decisioni di un giudice. Ma col senno di poi…sicuramente dopo aver letto questo documento è più chiaro perché le denunce e i report arrivano dopo le email diffamatorie. Perché nell’ottica di una rete di fake news, una balla rafforza l’altra di fronte a chi deve prendere atto di che succede. Perché di fronte a un investigatore scarso, come l’internauta medio, una denuncia così aveva un fondamento. Ed era piena di richiami alla verità come la potenza di Renzi e i suoi legami con Carrai. L’estremo attivismo della Fondazione Clinton o l’effettiva presenza di Zingales e Litvak nel cda di Eni. Perché per costruire una rete di bugie, come abbiamo visto, serve creare un filo conduttore di fiducia. Qualche imprecisione, interpretazione, ci può stare, se poi il filo regge dall’inizio alla fine. Quindi l’articolazione dell’operazione è essenziale. E ci vogliono “menti fine” per metterla in piedi. Anche se qui pare di avere a che fare più con affaristi arraffoni che geni della truffa. Sicuramente gente con un grosso pelo sullo stomaco, perché anche in Italia raccontare balle ai magistrati non è cosa da poco. Comunque sia, ora abbiamo chiaro come è iniziata la tessitura: mail con dentro informazioni più o meno credibili da indirizzi anonimi, per poi passare alle dichiarazioni ufficiali infarcite di nomi pesanti della cronaca di quei giorni, così come degli scandali giornalistici. Nel prossimo articolo vedremo le prime conseguenze pratiche di questa tessitura…