Molti credono che Milano sia una delle poche grandi città sorte lontano da un fiume, mancanza a cui pose rimedio Leonardo ideando e facendo realizzare i navigli. Non è così, il fiume c’era, i celti sulle sue rive edificarono il nucleo di palafitte che nei secoli si trasformò in Milano, ed è ancora lì anche se deviato, sepolto e dimenticato. Si chiama Olona.
A segnarne il destino è stato il suo regime tipicamente prealpino che, rendendolo facile alle esondazioni, soprattutto nei periodi di disgelo, ne ha reso incompatibile la presenza all’interno di una grande città. Il suo percorso è stato oggetto delle attenzioni dell’uomo fin dall’antichità: i primi a metterci mano furono i romani che ne deviarono le acque per alimentare il fossato difensivo della città, e da allora sono state così tante le modifiche fatte all’alveo che di quello originale si è in gran parte persa la memoria. I settantuno chilometri che percorre nella pianura padana dalle sorgenti di Fornaci della Riana alla Rasa fin quasi alle porte di Rho sono probabilmente gli stessi di quando fu battezzato “Ol”: “grande” nell’antica lingua dei celti, ma di come, prima del 1500, di lì arrivasse a sfociare nel Lambrose ne sa ben poco. Nel XVI° secolo, mentre venivano scavati i navigli, le acque furono deviate per andare ad alimentare la darsena, cosa che hanno continuato a fare alla luce del sole fino a quando nel corso del XX° è stato progressivamente del tutto interrato. Di quell’antica, ma non definitiva, foce rimane solo lo sbocco del canale sotterraneo visibile ancora oggi all’angolo fra piazzale Cantore e via Codara.
Nel 1904, poco prima che iniziassero i lavori di copertura deliberati nel PRG comunale del 1884, il fiume scorreva ancora libero da costrizioni. Entrava a Milano dall’attuale piazzale Lotto, scorreva fino a piazza De Angeli (allora detta La Maddalena), raggiungeva piazzale De Agostini dove passava sotto alla linea ferroviaria che la attraversava (dismessa nel 1931) andando a formare la famosa “Isola di Brera”, si insinuava in quello che allora era lo scalo bestiame ed oggi è il Parco Solari, si immetteva su viale Papiniano e finiva con il versare le sue acque nella Darsena. Nel PRG era prevista la creazione di quella che oggi definiamo la circonvallazione della 90/91: fu in funzione di questo che iniziarono e furono lentamente completati (a metà degli anni “30”) i lavori di canalizzazione dell’Olona lungo i viali Murillo, Ranzoni, Bezzi, Misurata e Troya. Per meglio regimentare le acque ed evitare le rovinose esondazioni che di tanto in tanto bloccavano parte della città, fu deciso di suddividere il fiume in due tronconi. L’opera fu realizzata grazie da una chiusa posta in viale Misurata all’altezza di via Roncaglia. Cosa che portò l’Olona ad avere due foci: una era quella storica che continuava a raggiungere la darsena grazie a un canale denominato “ramo darsena”, ed una seconda alimentata dalle acque in eccesso, che andava a gettarsi in un canale che nasceva nasce dal Naviglio Grande a San Cristoforo denominato colatore Lambro Meridionale.
Purtroppo, il fiume di Milano era destinato a non avere pace. Nel dopoguerra nei dintorni della città iniziarono a sorgere sempre più numerose fabbriche che scaricavano liquami nell’Olona riducendolo ben presto in una maleodorante fogna a cielo aperto. Per ovviare al problema, negli anni 50, sia lungo la circonvallazione sia lungo il ramo darsena, iniziarono i lavori di copertura che, entro il 1970, lo fecero sparire dalle strade e, dopo qualche anno, con la chiusura del ramo darsena, per evitare rischi di inquinamento idrogeologico, le sue acque smisero anche di raggiungere il centro cittadino.
Da allora, all’interno della città vede la luce solo all’altezza dell’unica foce, quella che si getta nel Lambro Meridionale all’altezza del ponte della ferrovia in via Malaga. Per diversi anni lo spartitraffico creato dalla copertura in circonvallazione è stato utilizzato semplicemente come parcheggio, e agli incroci si potevano ancora notare i muretti di protezione dei vecchi ponti ormai interrati nel manto stradale: ma con la realizzazione della corsia preferenziale, anche queste piccole tracce sono andate perdute e, ad esclusione delle grate che nascondono le chiuse in viale Misurata, dell’antico corso cittadino non è rimasto più nulla.