Confermati 9 anni per stupro all’ex milanista Robinho. Era stato un regalo di Silvio Berlusconi ai suoi tifosi, un giocatore benedetto persino da Pelè. Il calciatore più forte della storia del Brasile gli aveva anche aperto la strada per una brillante carriera: Robinho era stato una stella dei due club più titolati al mondo il Real Madrid e il Milano degli Invincibili. Poi ecco la caduta: confermati 9 anni per stupro all’ex milanista Robinho. E con la sottolineatura di quanto la situazione fosse simile a scene da Arancia Meccanica: Robson de Souza Santos, e i suoi “complici” hanno manifestato “particolare disprezzo” nei confronti “della vittima che è stata brutalmente umiliata” e hanno “da subito cercato di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata”. Lo scrive la Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui a dicembre ha confermato le condanne a 9 anni di carcere per Robinho e per un suo amico, Ricardo Falco, per violenza sessuale di gruppo su una ragazza che all’epoca, nel 2013, aveva 23 anni. Nei mesi scorsi il Santos, squadra brasiliana dove Robinho era tornato a giocare per chiudere la carriera, lo aveva messo fuori rosa perché in Brasile si era tornato a parlare del processo milanese ed erano state pubblicate intercettazioni dell’inchiesta sulla violenza che hanno scatenato reazioni e polemiche. Robinho pare però che resterà l’unico a pagare perché i quattro complici si sono dati alla macchia. Il sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser ha comunque ottenuto una vittoria con la conferma delle condanne dopo la lotta contro le quattro consulenze tecniche prodotte dalla difesa di Robinho. “L’illustrato quadro probatorio – scrivono i giudici – dimostra in modo inequivocabile, a parere della Corte, lo stato di totale incoscienza della persona offesa”. A fronte delle “floride condizioni economiche” di Robinho “decantate dalla difesa e che avrebbero costituito l’obiettivo ultimo della denuncia, egli – scrive la Corte – non ha inteso avanzare neppure una offerta risarcitoria che, anche nella prospettiva difensiva di una mancata percezione del dissenso, avrebbe potuto trovare spazio”.