Cinque a zero caro Milan

Cinque a zero caro Milan. Perché il doppio confronto con il Chelsea non ci sono dubbi: il Milan ha preso gli schiaffi. Duri, puri e in fondo giusti. Perché il calcio inglese è un gigante rispetto a quello italiano. E le squadre milanesi stanno cercando di affermare una nuova epoca dopo quella d’oro delle Champions. Sono però lontani i tempi del triplete da una parte e delle coppe grandi dall’altra. L’Inter addirittura si è trovata a non pagare gli stipendi, fatti mai verificatisi quando il team era in mano alla famiglia Moratti. Anzi, lì i soldi si buttavano in capricci come Recoba. Dall’altra parte il Milan sta familiarizzando con la cura da fondo d’investimento, un trauma per chi viene dalla tradizione della corte goliardesca del quasi fu Silvio. Solo spese necessarie, solo numeri e calcoli su tutto e tutti. Non ci sono storie, entusiasmi. Metodo  senz’anima, ma con indubbie capacità di risultato visto il campionato vinto con una squadra che sulla carta non era la più forte del campionato. Ma la situazione è più chiara se ci si limita a guardare il confronto con l’Europa: lì ci sono squadre dove i panchinari sono titolari in Italia. Come il Milan e l’Inter dei bei tempi quando in panchina sedevano persone come Tomasson e Cruz, gente che segnava un gol a partita. Oggi appena si rompe un titolare qualunque allenatore si lamenta e piange perché ha solo gente scarsa o non adatta. Forse allora il problema sono gli allenatori. Perché è facile sempre ribadire che Messi in Italia non sarebbe mai venuto a giocare. Ronaldo ci ha proprio chiuso male la carriera…Allora questo cinque a zero caro Milan prendilo come un invito a non perdere l’identità originaria di squadra popolare, senza l’alterigia conquistata con le formazioni di fenomeni dove un Robinho era il minimo. Se Leao volesse andare a fare la bella vita, che vada. Meglio gente a cui piace Milano e la vita in Italia. Se invece si continua a inseguire il sogno di essere come selezioni con alle spalle club con bilanci da miliardi, allora il cinque a zero è solo l’inizio.