Femminicidio Caivano: il mostro non è solo Antonio Michele Gagliano. Sicuramente ha ucciso la sorella Maria Paola mandando fuori strada la moto su cui viaggiava con la propria fidanzata. E poi si è pure fermato per pestare a sangue l’amore della vita della sorella. La colpa da scontare? Aver contaminato Maria Paola. Eh perché la sorella si era innamorata non solo di una donna, ma di un trans. Qualcosa che secondo Antonio Michele infetta. Come non è dato sapere, ma tant’è: tutti nel paese ne parlano male e gettano su di te ombre e sospetti. Questa sì una vera infezione. Ma nei posti piccoli c’è gente piccola. Chi ha visto sempre le stesse vie, sempre le stesse persone e fatto le stesse cose per tutta la vita vive come uno sconvogilmento anche solo se cambia un vicino di casa. Pure se è bianco e della zona. Se passa uno vestito in un modo diverso scatta subito il fastidio. Se uno vive a modo suo e non secondo le regole del paesino, scattano le male parole. E se poi se ne frega proprio, scattano le ritorsioni fisiche. Perché il sottofondo di queste reazioni è sempre la rabbia per qualsiasi nota stonata. Note che è facilissimo sentire se si ascolta sempre e solo la stessa musica. Se invece di si abitua che il mondo è più grande di quattro case e due capanni odiare è più difficile. Per questo sul femminicidio a Caivano il mostro non è solo Antonio Michele Gagliano. Lui è il prodotto della retorica del paesino Barilla, con la madre in cucina, gli uomini nei campi e la persona più vicina a venti ettari più in là. Lui come i “bravi ragazzi” di Colleferro. Noti ruttatori e molestatori seriali delle vite altrui a quanto si dice. Alla fine anche loro sono stati gonfiati più dall’odio e dal senso di oppressione diffuso dei paesini in cui vivevano che dalle flessioni. E pure loro sono diventati omicidi. Come Antonio Michele. La sua vita era rovinata ben prima di uccidere in modo così brutale la sorella: la sua testa era talmente piena delle parole delle persone che vivevano intorno a lui da farlo scoppiare. Gli sguardi. I pensieri medi dei paesini. Una cultura della comunità composta di guardiani della conservazione costante e senza idee se non uccidere tutto quello che discosta dalla solita musichetta. Guardiani senza pietà contro cui i ragazzi di Colleferro e di Caivano non hanno scudi. E alla fine diventano omicidi. Aumentando il bilancio delle persone perse in queste due tragedie.
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