Il triste venerdì del pendolare. Non si può descriverlo in altro modo, anche se l’abitudine al disservizio continuo fa nascere nuove ironie. A Legnano, ritardi. A Busto Arsizio, ritardi. Lo scenario è da disperarsi, come testimonia il riassunto di un altro pendolare:
2143: 40′ per guasto treno.
2145:50′ per guasto rfi
10405 : 32′
5305: 12′ per incompetenza rfi
Treno fermo al binario 2 di Gallarate (rientra in deposito guasto) , con pannelli indicatori che lo indicano per Milano cle.
23011 con una vettura allagata
23003 e 23010 soppressi
Tra Trenord ed Rfi, chi fa più schifo? Bella domanda!
C’è però anche chi cerca di buttarla sul ridere lanciando un sondaggio per identificare i colpevoli (lo vedete nell’immagine). Un’ironia che riporta a un difetto molto italiano: la ricerca delle responsabilità. Ci sono aziende che chiedono abbonamenti, aziende con dirigenti e amministrazioni pubbliche che dovrebbero vigilare su questi manager. Sono infatti le stesse Amministrazioni a deciderne le nomine nelle segrete stanze della politica, ma i colpevoli si cercano. Eppure tutte queste persone sono note e ricevono regolarmente lo stipendio. L’assessore Terzi ne è la dimostrazione: sarebbe la responsabile dei trasporti, ma è lei che denuncia i disservizi come un pendolare qualunque. A questo punto Terzi non si capisce perché debba avere un ricco seggio in Regione se non per ritirare il suo stipendio e quello del suo gruppo. Per lamentarsi bastano e avanzano i pendolari che cercano solo di andare a lavorare in condizioni dignitose proprio per pagare abbonamenti e stipendi altrui. Invece niente. Si cercano i responsabili, da qui all’eternità. Con un rimpallo continuo tra enti occupati da ritiratori di stipendi professionali. Tanto bastano dichiarazioni forti, poi la gente deve comunque correre dietro alla propria vita e non riesce a ricordare o a combattere perché viene schiacciata dalle necessità quotidiane. Le dimissioni di Terzi sarebbero il minimo, ma non arriveranno neanche quelle. Il triste venerdì del pendolare continuerà, perché i poveri sono poveri. E perdono sempre.