Oggi, sui principali quotidiani milanesi, il tema oggetto di discussioni tecniche e politiche sono le indagini della Procura di Milano su alcuni progetti urbanistici della città.
Come chiarimento politico, pur avendo fatto richieste di Commissioni consiliari ad hoc per conoscere le tematiche in modo puntuale, nulla è stato fatto.
Mettiamo allora, alcuni capisaldi tecnici: appena si è disvelata sulla stampa l’inchiesta della Procura della Repubblica milanese sugli interventi edilizi di via Crescenzago e Piazza Aspromonte gli Uffici Comunali si sono messi al lavoro ed hanno elaborato la “Circolare – N. 1.2023 Interventi edilizi con edifici di altezza superiore a 25 metri”.
Questo documento, recante la data del 21 luglio 2023, affronta una delle contestazioni dei P.M., ossia quella secondo cui l’edificazione eccedente quell’altezza sconta necessariamente la preventiva approvazione di un piano attuativo e, pertanto, non può essere autorizzata con la c.d. modalità diretta, ovverosia mediante permesso a costruire o segnalazione certifica d’inizio d’attività (S.C.I.A).
Senza qui dilungarsi nei tecnicismi giuridici, gli Uffici Comunali hanno riconosciuto nella circolare che è pur vero che l’articolo 41 quinquies della Legge Urbanistica n. 1150/1942 e il collegato decreto Ministeriale del 1968 impongono il piano attuativo, cioè un iter lungo e concordato con gli uffici che valutano l’impatto della nuova costruzione sul territorio, dando una serie di prescrizioni al nuovo intervento urbanistico.
Ma, con l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001 le Regioni e, in particolare la Lombardia, avrebbero disapplicato legittimamente quella disposizione nazionale ormai risalente nelle loro leggi regionali di governo del territorio e qui si apre un primo quesito giuridico.
Quindi il P.G.T. di Milano, informandosi alle nuove disposizioni regionali, avrebbe recepito questo nuovo assetto legislativo, dettando una disciplina degli interventi per la quale il piano attuativo non è generalmente richiesto per l’edificazione nel tessuto consolidato urbano della città, salvo particolari eccezioni.
Dal che il corollario che, al contrario di quanto sostenuto dalla Procura della Repubblica, le autorizzazioni edilizie rilasciate in regime di permesso a costruire o S.C.I.A. sarebbero legittime. Recitano infatti le conclusioni della circolare:
“…Si conferma pertanto che, secondo le disposizioni normative regionali vigenti e in base agli strumenti di pianificazione territoriale comunale, la sola altezza degli edifici non è elemento discriminante per la scelta della modalità di attuazione, soprattutto in ambiti consolidati che non presentano criticità tali da imporre una significativa revisione del disegno urbanistico. Ne consegue che, in questi casi, l’intervento edilizio potrà avvenire con modalità diretta sia non convenzionata che convenzionata a seconda della categoria individuata nel P.G.T. e senza obbligo di ricorso a pianificazione attuativa… “.
Se non che il Giudice per le indagini preliminari di Milano (G.I.P.), nel pronunciare il rigetto dell’istanza di sequestro di uno degli interventi interessati dalle indagini, il successivo 22 gennaio 2024 ha ribadito la consistenza del fumus commissi delicti (ossia la fondatezza delle accuse ad esame sommario) e, tra gli altri argomenti, ha motivato la persistenza nell’ordinamento dell’obbligo di piano attuativo per gli edifici eccedenti i 25 metri di altezza.
Leggendo l’ordinanza emerge chiaramente che il G.I.P. ha interamente sposato l’impianto accusatorio dei P.M. e la sola ragione per la quale ha negato il sequestro risiede nella sproporzione per eccesso fra questa misura cautelare e gli interessi pubblici da tutelare, potendo quella tutela esser assicurata da provvedimenti meno invasivi e, almeno in parte, attivabili anche dall’amministrazione comunale.
Non è passato neppure un mese e il Comune di Milano, evidentemente preoccupato dalla situazione, è già intervenuto con un nuovo provvedimento amministrativo: la delibera di Giunta Comunale n. 256/2024, intitolata “Linee di indirizzo per lo sviluppo delle attivita’ amministrative in materia urbanistico-edilizia”, nella quale sono completamente smentite le conclusioni contenute nella precedente circolare dirigenziale n. 1/2023.
Enuncia infatti la Giunta Comunale le premesse secondo cui:
“ ● a tutt’oggi, tuttavia, le tesi desumibili dagli atti di indagine e dal citato provvedimento del GIP non sono state recepite in sentenze passate in giudicato riguardanti le singole fattispecieconcrete;
• nelle more della conclusione di tali procedimenti penali, o di un diverso e definitivo chiarimento interpretativo, si pone comunque la necessità di proseguire i procedimenti amministrativi già avviati riguardanti gli interventi oggetto di indagini e quelli aventi caratteristiche analoghe.
Ritenuto, pertanto, opportuno se non addirittura necessario, nell’interesse pubblico generale, anche in considerazione delle potenziali gravi ricadute sul sistema economico e sociale della città, adoperarsi per quanto possibile al fine di prevenire o limitare tali evenienze nelle more di un chiarimento interpretativo definitivo, che potrà venire dalla giurisprudenza o dallo stesso legislatore, e comunque nel rigoroso rispetto delle prerogative e delle decisioni della magistratura.”
E, di conseguenza, “valuta opportuno avviare un percorso di lavoro, avvalendosi delle professionalità presenti all’interno dell’Amministrazione Comunale ed eventualmente anche di esperti esterni di riconosciuta qualificazione ed autorevolezza, finalizzato a:
• individuare le pratiche edilizie riguardanti lavori in corso o già ultimati, per le quali l’Amministrazione ha evidenza di indagini penali aperte, ovvero della presentazione di esposti o della richiesta di verifica pervenuta da parte dell’operatore economico interessato allo specifico intervento edilizio;
• esaminare le possibili ricadute delle interpretazioni normative desumibili dal decreto del GIP di Milano sopracitato;
• individuare possibili determinazioni da assumere in relazione ai sopracitati interventi nelle more del chiarimento suddetto;”
E fin qui forse nessun problema, si tratta in fondo di dichiarazioni di principio dettate da prudenza. Ma aggiunge la delibera che:
“…in relazione agli interventi relativi a fattispecie analoghe a quelle oggetto dei procedimenti penali sopra citati, per i quali non è ancora stato rilasciato o comunque non si è formato il titolo edilizio, orientare temporaneamente l’attività amministrativa tenendo conto delle indicazioni desumibili dal decreto del GIP di Milano sopracitato, sino a nuove indicazioni operative e interpretative desumibili da fonti legislative, giurisprudenziali, o comunque istituzionali… “.
Ed è un ordine precettivo, in quanto la delibera aggiunge di “dare mandato al Direttore della Direzione Rigenerazione Urbana di attuare gli indirizzi sopraindicati avvalendosi delle professionalità presenti all’interno dell’Amministrazione Comunale ed eventualmente anche di esperti esterni di riconosciuta qualificazione ed autorevolezza. La Direzione Generale sovrintende a tali attività, dando informazione alla Segreteria Generale.”
Quindi: gli Uffici comunali hanno difeso la legittimità del loro operato con la circolare n. 1/2023 e la Giunta Comunale ora li smentisce, dando loro istruzioni vincolanti di trattare d’ora innanzi le pratiche edilizie col procedimento amministrativo delineato negli atti dell’indagine penale: un vero e proprio cortocircuito giuridico interno fra differenti organi del Comune di Milano.
Sorge spontanea una seconda considerazione: la Giunta Comunale di Milano era titolata ad intervenire imponendo ai dirigenti di attuare i suoi indirizzi appiattiti sulle tesi della Procura della Repubblica di Milano?
Due i problemi: la riserva di legge (n. 165/2001) per la quale gli organi elettivi comunali non possono ingerire nell’attività gestionale riservata ai funzionari, che comprende tutta la sfera degli atti ad efficacia esterna e la competenza del consiglio comunale in materia di piani urbanistici e di deroghe agli stessi (n. 267/2000), per la quale è dubitevole che la Giunta potesse provvedere come ha fatto.
Ma, di natura politica sono altri quesiti: Tancredi, Assessore alla rigenerazione urbana, non eletto dai cittadini ma scelto direttamente dal Sindaco Sala, è conscio di aver scritto una cosa e poi un’altra? Sala è conscio di aver fatto una delibera dettata dalla Procura, unico fatto avvenuto nella storia di Milano e della Repubblica, dando uno smacco all’autonomia della politica? Ma chi ha sbagliato in questa vicenda, e chi ne paga la responsabilità politica? Ed ancora: gli operatori immobiliari inizieranno contenziosi verso il Comune di Milano per aver cambiato in corso le regole urbanistiche? E che dire delle compensazioni ex post, vero scempio economico per gli operatori? E ancora dell’ipocrisia di salvaguardare i funzionari comunali con una delibera, ma senza creare un fondo economico per pagare le spese degli avvocati penalisti dando ai dipendenti comunali l’autonomia necessaria e senza fare un piano di nuove assunzioni per il prossimo grande lavoro di analisi per i futuri progetti?
Questo è solo il primo capitolo di un libro che ci presenterà molte sorprese! E concludo ricordando che Sala passerà alla storia come il peggior sindaco dal dopoguerra.