di Alessandro Pavanati – Scuole paritarie, il dibattito è ancora aperto. Sulla scuola continua a consumarsi uno scontro fra ideologia e la razionalità di chi sa che per venire a patti con la realtà bisogna fare i cosiddetti “conti della serva”. A drogare il dibattito è ancora spesso il conflitto generato da una visione che identifica la scuola paritaria con la scuola privata ed elitaria, anziché concepire il servizio pubblico come quello che garantisce un’effettiva parità di accesso a tutti i cittadini secondo eguali diritti. In Italia, il sistema scolastico è egualitario sulla carta, ma nei fatti non rimedia le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le rinforza. Col risultato paradossale che, alla fine, abbiamo effettivamente un sistema scolastico elitario. Il Rapporto Ocse-Pisa mostra chiaramente che in Italia non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità. Questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati. La possibilità di accedere all’educazione, infatti, rappresenta l’ago della bilancia dell’equità sociale. I dati raccolti dall’Ocse dimostrano come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia chiaramente determinata dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie. Le famiglie più agiate tendono a scegliere le scuole pubbliche – paritarie e statali – migliori e seguono con più attenzione i loro figli. Coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati, secondo il rapporto. Parlare di un contrasto fra scuola paritaria e scuola statale significa mettere in scena una guerra fra poveri, nella quale nessuno dei due pseudo-contendenti si rende conto di dover essere alleato dell’altro per la realizzazione di un vero sistema di istruzione pubblica. Se si applica il sistema del cosiddetto costo standard di sostenibilità per paziente, nell’ambito sanitario, non c’è ragione per farlo anche in quello scolastico. A strutturare una dimostrazione di come il costo standard di sostenibilità per studente sia il sistema sulla base del quale parametrare un vero servizio pubblico è stata Suor Anna Monia Alfieri, coautrice negli scorsi anni del saggio “Il diritto di apprendere”. “Puntare sulla scuola per promuovere una crescita equa del Paese – dichiara – significa garantire uguaglianza proprio nell’accesso all’istruzione: questa uguaglianza di accesso, cioè una libertà senza preclusioni economiche, da parte della famiglia, di scegliere la buona scuola pubblica paritaria o statale, in Italia non c’è. Quali possono essere le iniziative per migliorare questa disuguaglianza? L’Italia spende male per l’Istruzione pubblica statale, questo è un dato di fatto”. L’occasione è stata, negli scorsi giorni, il confronto organizzato a Milano dalla Uil Scuola, cui hanno partecipato tra gli altri anche Valentina Aprea, deputato di Forza Italia ed ex assessore all’istruzione della Regione Lombardia e Valeria Fedeli, senatrice del Partito Democratico ed ex ministro della Pubblica Istruzione. Un punto condiviso è stata l’esigenza di riattivare il tavolo sulla scuola a partire dal fatto che ogni alunno della pubblica statale costa al contribuente 10.000 euro all’anno, con scuole che cadono a pezzi, docenti sottopagati e alunni dispersi o “culturalmente azzerati”. “Tutto ciò – specifica Suor Anna Monia Alfieri – nonostante la sussidiarietà al contrario degli alunni delle paritarie che garantiscono ogni anno allo Stato entrate per più di 6 miliardi di euro. Infatti, non costano nulla (500 milioni di euro a fronte dei 53 miliardi, per un decimo della popolazione scolastica) e in più pagano le tasse per la scuola pubblica statale, che non frequentano”. Chiara la posizione della Uil Scuola, per cui la scuola è una funzione dello Stato e non può essere delegata al privato se non per consentire una sua convivenza alle condizioni della Costituzione. Un’impostazione che mostra chiaramente una divergenza di visione sociale, che tuttavia è sfociata nella comune intenzione di riaprire un confronto serio e aperto sul tema dell’istruzione.