Il Tar torna al centro della politica. Il Tribunale amministrativo regionale è un organismo in teoria amministrativo, in realtà politico. Le decisioni del Tar hanno condizionato la vita dell’Italia degli ultimi 30 anni più del Berlusconismo o delle Guerre Post Torri Gemelle. Non c’è stato un grande tema o un’appalto pubblico o privato su cui non si sia espresso un Tar. E di solito era per bloccare qualche azione amministrativa. Per ogni torrente che esonda ci sono procedure per la manutenzione degli argini che arrancano perché dopo ogni gara pubblica si ricorre al Tar, anche solo per infastidire il concorrente e prosciugarne le risorse con corsi e ricorsi. Oggi è successo ancora: un gruppo di genitori decide che nonostante ci siano già indicazioni da neurodeliri dai vari livelli politico-amministrativi, era giusto ricorrere al Tar per chiedere la riapertura delle scuole. Sia chiaro: il Tar ha solo stabilito che la delibera regionale che imponeva la chiusura dei licei non era tecnicamente adeguata. E dunque le scuole possono riaprire. Anzi devono. Quindi il Tar prende una decisione tecnica, ma di fatto è politica. Perché se aprire o no è una decisione che spetta a persone elette democraticamente. Non un oscuro consiglio di giudici deputati in teoria a risolvere dispute di condominio. Ecco infatti che il Tar torna al centro della politica pure in Lombardia e pure Attilio Fontana deve intraprendere un ricorso al Tar. In un modo o nell’altro questi consigli di non eletti hanno influenzato la vita di tutti i cittadini italiani. Sono gli stessi che potrebbero bloccare un progetto per risanare gli argini di un torrente e poi far condannare a risarcimenti più alti gli amministratori pubblici che non hanno eseguito i lavori. I Custodi del Codice, che parlano per il Popolo italiano senza aver mai chiesto il permesso a nessuno. Altro che Deep State.
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