Opere pubbliche: 117 commissari un record solo italiano. Il nuovo elenco di opere trasmesso in Parlamento dal Governo comprende anche il (finto) raccordo autostradale della Valtrompia che in realtà è solo una costosa tangenziale eseguita per di più in galleria. Si allunga così il numero di opere commissariate dalle 102 opere autorizzate con il decreto Sblocca cantieri a cui ora si aggiungono altre 15 opere 3 stradali, 6 ferroviarie e altre 6 tra interventi portuali, di edilizia statale e idrici per un totale di 117 opere I commissari chiamati a “sveltire” gli investimenti sono anche dirigenti di RFI (gruppo FS), Anas o dal Ministero delle Infrastrutture. Sono coloro che già prima della loro nomina commissariale non sono riusciti a velocizzare la realizzazione delle opere di loro competenza ( come per la Valtrompia). Queste nomine non sono oramai l’eccezione ma la prassi per il gruppo FS, per l’ANAS e per il Ministero delle Infrastrutture che anziché rafforzarsi al loro interno e correggere le vistose inefficienze di spesa e di gestione degli investimenti preferiscono seguire la scorciatoia dei commissariamenti come se questi avessero poteri magici capaci di togliere dal pantano le opere che si sono incagliate o rischiano di esserlo prima ancora di cominciare. Con tutte le opere che aumenteranno esponenzialmente i loro costi dato l’aumento delle materie prime e dell’energia i commissari senza portafoglio serviranno solo da foglia di fico. La responsabilità delle valutazioni dei progetti è stata affidata ai gestori delle infrastrutture. Dunque, quando ci sono le analisi costi-benefici delle nuove linee ferroviarie e delle strade sono state predisposte dalle FS e dall’ANAS. Cioè dai destinatari delle risorse pubbliche che finanzieranno il progetto esaminato. Facendo risultare tutte le analisi con un parere positivo.
Meglio sarebbe ridurre gli interventi solo sulle opere prioritarie definite sulla base di strategie e di criticità accertate della mobilità. I commissari sottratti dalle loro attività ordinarie finiranno col rallentare la già scarsa operatività delle maggiori stazioni appaltanti pubbliche. Anziché rimuovere gli ostacoli organizzati delle stazioni appaltanti e aggiungere nuove risorse scelte sul mercato e fuori dalle ingerenze dei partiti si è scelta una insidiosa scorciatoia. Vanno adottate poche regole chiare e semplici, sul modello comunitario invece di seguire la strada delle nomine emergenziali che, oltre a non velocizzare i lavori rischiano di rilevarsi vulnerabili a fenomeni di corruzione e aumento dei costi.