Niente, non si rassegna. La Disenyland di cartapesta sorta attorno e grazie a Expo è ancora al centro dei pensieri del primo cittadino di Milano. E che il Covid l’abbia spazzata via, lasciando una Milano disorientata e da reinventare è solo un accidente passeggero. Sala ha sempre lo stesso problema: la realtà è una cosa che tocca gli altri. E se dissente da lui è un problema che non lo riguarda. Dice il Sindaco:
“Abbiamo lavorato sull’attrattività di Milano, non tanto perché è bello essere una città attrattiva ma perché porta tanto lavoro – ha aggiunto – e lo abbiamo fatto dopo l’Expo raddoppiando i turisti, portando tanti universitari stranieri e investimenti, noi abbiamo portato tanto lavoro”.
Ci spiega come siano andate davvero le cose il sempre attento Consigliere di Municipio Franco Vassallo:
“Beppe non riesce a farsene una ragione: Expo non l’ha portato lui, i turisti li ha portati Expo e il Covid si è portato via tutto. In questo film il massimo cui possa aspirare è un premio come miglior attore non protagonista. Sala è il vecchietto che sta tutto il giorno a guardare gli altri lavorare e alla fine dei lavori si vanta dei risultati. Con l’aggravante che negli ultimi quindici mesi il cantiere se l’è guardato in streaming da Palazzo Marino. In poltrona.
Ecco, se dovessimo descrivere in maniera plastica cosa ci resta della Milano di Sala dovremmo proprio sottolineare questo: viviamo e abbiamo vissuto una città col pilota automatico. Dove le scelte erano già state fatte e lui doveva limitarsi a non fare danni. Un Pisapia senza ardore ideologico o rivoluzionario. Il problema è che le cose buone fatte da altri stanno finendo. E qui ci vuole un piano per uscirne. E Sala, detta chiaramente, non ce l’ha. Si vede chiaramente dall’idea, folle, che Milano possa ripartire da turismo e studenti universitari.
Milano può ripartire solo sa un luogo, preciso, individuato geograficamente ed economicamente: dal rilancio della periferia produttiva. Non quella agricola, non quella verde, non quella a quindici minuti dal nulla. Non quella tagliata fuori dalla provincia dalla Zona B e dalla Città Proibita protetta dai Navigli dalla Zona C. Quella che produce, delle botteghe, degli artigiani, delle attività produttive nei cortili dei condomini. Dove chi vuole fare può sognare. Quella che sta distruggendo una pista ciclabile inutile alla volta. Quella che non può rinascere finché Sala e Maran non accetteranno l’esigenza di seguire la legge sulla Rigenerazione degli immobili abbandonati approvata dalla Regione.
Insomma, se il luna park post Expo ha chiuso definitivamente, la Milano produttiva è ancora viva. Soffre, ma resiste. E potrebbe rilanciare l’intera città. Basta poco. Basta un nuovo sindaco….”