ZumZan. Ci fu il PdUP, partito di Unità Proletaria, e più famoso il PSIUP, partito socialista italiano di Unità Proletaria. Le identità non furono sempre proletarie ed ad un certo punto scappò fuori anche un PDIUM, partito democratico italiano di Unità Monarchica. Ora i partiti, opposti ma ravvicinati da un insopportato abbraccio, si accapigliano attorno ad uno strano disegno di legge, il ddl Zan, che già onomatopeicamente,
sembra un kid asiatico di giochi marziali. E’ un campo ostico, al crocicchio dell’incontro tra la psicologia delle folle dei folli e la sociologia dell’irrealtà, ma d’altronde a questo spazio sono stati confinati i partiti per bonaria concessione dell’alto Olimpo il cui cervello è in ben altre cose affaccendato. L’oscuro contenuto della proposta legislativa è stato iconicamente chiarito dalle copertine delle riviste più squisitamente e
cristallinamente di sinistra. Ne è uscito un EFdUM, ente femminino di Unità Maschile, che probabilmente ed auguratamente gemmerà omologhi quali l’ EMdUF, ente maschile di Unità Femminile, senza lasciare in un angolino gli EFdUF ed EMdUV, ente femminino di Unità Femminile ed ente maschile di Unità Virile. La comparsa iconica di questi topoi ha fatto scaturire un respiro di sollievo. Era tempo infatti, sia nel mondo materiale ma soprattutto in quello virtuale, cui tutti sono ora sottoposti, che ogni corteggiamento e seduzione si muovevano felpate sempre sul terreno di reprimende, delusioni e malcelati sospetti. Una bella donna, alta, dalle forme generose, dallo sguardo seducente, dalla bocca gonfia e suadente, faceva sudare freddo al pensare che molto presumibilmente sotto fosse maschio ipercelato. Certo, una volta verificato che non fosse presente nel database mentale e professionale delle giornaliste veline, categorie ormai abbastanza
confuse. E d’altronde un bel ragazzo ben piantato, dai modi forti e gentili, dal franco sorriso, alla prima impressione un vero principe azzurro, finiva quasi sempre per deludere donne e ragazze, una volta appurato, che si trattava di un appassionato dei simposi platonici.
Alti lai femminili andavano di qua e e di là costringendo il genere rosa ad emigrare in campagna e provincia alla ricerca dei Corona perduti, destinati loro malgrado alle carceri o all’eremitaggio di alta montagna. D’altronde, era chiaro secondo la vox populi che, per esempio, a Milano di uomini veri non ce ne fossero più, almeno tra quelli occupati e di danaro muniti. Impossibile immaginarsi di ragazzi corteggiatori
con mazzi di fiori in mano, che in fondo distruggono la natura. Le mode hanno una forza inenarrabile soprattutto se durano decenni. Sotto una certa età non si può non essere tatuati in tutto il corpo, anche in posti improbabili; né si può non essere ferrati da metalli e anelli pensati per regolare rudemente la vita delle mandrie. Già questo divide popolo e politici tra i quali, tantomeno fra i pentastellati, non figura nemmeno un tatuato ferrato. La moda con il ditino stabilì un no deciso al troppo testosterone come se nell’aria girasse assieme alla cocaina bromuro a volontà. Molti gli impedimenti alla virilità, a partire dal mancato accesso al mercato del lavoro molto selettivo sulla cosa; proseguendo con le attenzioni delle autorità giudicanti per il facile sospetto di predisposizione a violenze ed eccessive attenzioni, dette stalking oltre un certo livello di reddito, facilmente riscontrabile dal proprio Isee. Quell’idiota del virile finiva sempre per incitare la meno adatta a rimanere incinta. Chiaro che una cosa del genere, notissimamente naturale, si dispiega come fascistissima, da violazione della Scelba, con doppie e triple ripercussioni repressive su tutta la comunità donnesca. Quell’atto violento e imperialista di irrorare le gonadi sarebbe stato pagato caro e tutto come un ricatto vita natural durante la quale, egli sarebbe stato schiavo di lei e del nascituro fino alla età della maturità che oggi i social collocano sulla quarantina. No, i ragazzi trovarono naturale farsi sedurre dal profumo del fard e dalle luminosità degli smalti che garantivano un certo controllo sul conto in banca, tranquillità e nessuna condivisione della casa da ereditare.
Si fecero svagati e sciapi tanto che più che in giro, di femminilità valida non ce n’era poi tanta, una volta esclusi gli stangoni gonfiati di cui sopra. La rincorsa della parità di genere e l’opposto impegno a mantenere una silhouette irreprensibile aveva portato il combinato disposto di corpi femminili magherimmi, ossuti e appiattiti, su teste e volti irosi da bulldog che difficilmente si sarebbero detti di bulldog femmina. Esclusa, ma non sempre, la marmellata impastata di giornaliste e veline, il cui database veniva prenotato, come in un qualsiasi calciomercato, ben prima che si aprisse stagione. Disperate, fin dalla più tenera età, le donne si sono date al bere, cercando con le offerte di partouze più incredibile di farsi largo. Si cominciava con andare a letto con due uomini, e si proseguiva con tre o quattro, dopo aver aperto decine di bottiglie di birra con l’anello del naso di lui o lei. E non sempre bastava, perché ormai per cavarci un po’ di sugo, di uomini ce ne
voleva un reggimento, dato il basso rendimento. La generazione youporn era femminile, per la prima volta. Ora il ZumZan arriva salvifico a salvarci da questo incubo di teste piene di sesso desiderato, in genere dalle qualità da codice penale ed una realtà sconfortante di mancanza di risorse adeguate, di offerta come di domanda. Tutti potranno essere stessi, confortati da desideri, fattisi reali, in quanto bisogni e dunque diritti. Le EFdUF sostituiranno il concorso in Rai, gli EMdUV andranno in galera con uscita eccezionale per copulazione richiesta da quel gentil sesso che se lo potrà permettere. Gli incroci improbabili di EFdUM ed EMdUF stabiliranno la supremazia della fantasia sulla realtà, in attesa della prossima indignazione naturista e naturalistica che porterà il politicamente corretto ad un ulteriore livello quantico. E soprattutto in attesa del partner robotico, summa delle fantasie più sfrenate, almeno fintanto che i robot non si faranno Ottavo Stato.
Giuseppe Mele