Sharing, la città potrebbe dotarsi di un vero servizio pubblico? In questi anni Milano si è contraddistinta per la capacità di stare al passo coi tempi: grazie alle sinergie tra Stato, Comune e abili amministratori delle partecipate si sono realizzati i primi servizi di car e bike sharing. Gioiellini poi in parte venduti ai colossi europei. Però non c’è mai stato un vero servizio pubblico di sharing: uno dei veri problemi dello sharing infatti è l’energia. L’energia elettrica si paga nel costo del servizio pagato dagli utenti, ma perché la città non può dotarsi di un servizio suo?
Per servizio suo intendiamo una flotta di proprietà comunale e fruibile da chiunque paghi le tasse al Comune, quindi non basta la semplice residenza, ma un servizio di ritorno a chi già paga il dovuto. L’energia elettrica in realtà ha costi piuttosto marginali: basti pensare che la ricarica per un motorino costa circa 40 centesimi e dura per decine di chilometri. Inoltre gli sharing stanno funzionando soprattutto sulle flotte aziendali: quale che sia la dimensione dell’azienda, avere una flotta elettrica comporta diversi risparmi. Un sistema che potrebbe funzionare anche se si portasse su scala comunale.
I dipendenti del Comune sono circa 16mila, ma i cittadini milanesi circa 1,2 milioni. Se un’azienda che offre servizi di sharing si sentisse proporre un’offerta valida per centinaia di migliaia di potenziali clienti (non tutti i milanesi sono maggiorenni o in grado di guidare) non sarebbe possibile trovare un accordo vantaggioso? Tanto, s’intende, da non necessitare di aggravi di gabelle: i milanesi e non solo pagano Area C e presto Area B proprio per trovare fondi con cui investire in progetti eco e green. Quale migliore esempio potrebbe esserci che diventare la prima città con un servizio di sharing di proprietà da offrire gratis ai propri concittadini?
I trecentomila studenti e i gli affaristi di passaggio da Milano continuerebbero anche a garantire una clientela al settore privato, ma Milano potrebbe invece dimostrarsi una volta di più all’avanguardia. In questo modo tra l’altro le politiche comunali anti automobili diventerebbero finalmente democratiche: le maggiori spese per rinnovare l’auto, o per i biglietto dei mezzi pubblici e tante altre azioni in teoria giuste non fanno che continuare a spingere verso il basso chi già sta ai piedi della scala sociale. Se gli si impedisse di usare la vecchia auto, ma in cambio si fornisse lo sharing elettrico gratis? Le zone a traffico limitato macinano milioni, la città dunque ha già i fondi per dotarsi di uno sharing di questo genere. Perché non provarci? Magari coinvolgendo le eccellenze italiane come Askoll?