Terre D’Oltrepò. Piano strategico quinquennale per il rilancio della cooperativa vinicola e del territorio dell’Oltrepò Pavese. Con un valore totale del mercato del vino in Italia nel 2022 di circa 14,2 miliardi di euro, di cui il 60% proveniente dall’export, emerge la necessità di affrontare le sfide per mantenere e migliorare la competitività. La missione di Terre D’Oltrepò è quella di creare un polo vinicolo industriale integrato e sostenibile, in grado di catalizzare e valorizzare le risorse inespresse del territorio. Il rilancio del Gruppo si concentra principalmente sull’incremento della capacità produttiva e industriale, con un focus particolare sulla qualità del processo produttivo, che dovrà essere trasparente e certificato ad ogni passo. Il modello di riferimento è quello dello Champagne, dove un singolo centro di pressatura ha dimostrato di catalizzare e incrementare la capacità produttiva dell’area. L’obiettivo è aumentare la capacità produttiva acquisendo nuovi soci oltre i 5.000 ettari di contribuzione attuale, che includono sia l’Oltrepò Pavese, sia i Colli Piacentini.
Chiediamo al nostro collega Paolo Brambilla, Consigliere dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, che ha visitato recentemente le cantine di Terre d’Oltrepò, come si sta rinnovando il posizionamento del brand della grande cooperativa vinicola.
“Il mercato del vino italiano è un affascinante mondo in cui tradizione e innovazione si fondono per creare un’esperienza unica” ci dice subito.
E aggiunge che le etichette italiane raccontano storie di territorio, cultura e passione. Le cantine, spesso gestite da famiglie per generazioni, sono autentiche custodi di tradizioni millenarie. Ma nonostante la forte radicazione nella storia, il mercato del vino italiano è tutto tranne che statico: nuove generazioni di enologi stanno portando innovazione e creatività nel settore. Le bottiglie italiane non sono solo sinonimo di eccellenza, ma anche di avventura e sorpresa.
E Paolo Brambilla continua: “Terre d’Oltrepò sta rinnovando l’approccio con il mercato grazie all’arrivo del nuovo CEO, Umberto Callegari, protagonista di una carriera internazionale di grande prestigio: il suo ruolo di World Wide Commercial Lead di Customer Transformation presso Microsoft lo ha visto guidare un team di 400 advisor strategici, svolgendo un ruolo cruciale nella trasformazione digitale di Microsoft: sotto la sua guida, la pipeline aziendale ha raggiunto i 20 miliardi di dollari con un ROI di circa 1:80 evidenziando la sua abilità nella creazione di nuovi ricavi e modelli di business in contesti globali e complessi. Ora Umberto Callegari si trova al timone di un’impresa vinicola con un enorme potenziale. Il suo approccio manageriale e strategico si riflette nella visione a cinque anni, dove prevede un completo cambiamento del modello operativo, investimenti nell’industrializzazione del gruppo e una focalizzazione su uno sviluppo sostenibile, margini accresciuti, internazionalizzazione del business e la creazione di una rete di partner strategici”.
Attualmente, il costo del capitale investito nelle operazioni vinicole è superiore al suo ritorno, principalmente a causa della polverizzazione delle aziende. L’approccio proposto da Terre D’Oltrepò è quello di gestire il vino come un’estensione dell’industria manifatturiera ed alimentare, con investimenti mirati in tecnologia e cultura, portando l’industria del vino a privilegiare il ruolo dei produttori. “È stata una scelta di cuore” ci confida il dott. Callegari. ”Essendo nato e cresciuto in Oltrepò, era logico arrivare alla più grande cantina cooperativa della Lombardia: mi ero sempre chiesto come fosse possibile che, mentre il vino italiano ha avuto uno sviluppo così incredibile nel mondo, l’Oltrepò non lo avesse ancora avuto”.
Gli impatti tangibili dell’operato di Terre D’Oltrepò sono già visibili. “Però resta il fatto che oggi non siamo in grado di fare sistema” commenta Umberto Callegari “ e questo si riflette anche nel mondo del vino. Il vino italiano vale in tutto circa 14 miliardi di dollari: il primo produttore italiano, che è CIV, fa 700 milioni, il primo produttore mondiale, Castel Group che è francese, genera circa 16 miliardi di fatturato annui da solo”. Parlando dei cambiamenti internazionali, ha sottolineato poi il drammatico impatto delle condizioni postBrexit nel mercato UK, con accise in aumento e vendemmie sempre più calde a causa del surriscaldamento globale. “O noi creiamo un polo industriale capace di catalizzare la nostra capacità produttiva e di creare un cambiamento culturale di modello operativo passando da logiche di puro prodotto a logiche di servizio end to end, da aggiungersi all’investimento in eccellenza operativa e branding, oppure il futuro non sarà roseo, non solo per l’Oltrepò ma, credo, per il sistema del vino italiano”.
Terre D’Oltrepò ha delineato il proprio impegno verso la creazione di una piattaforma vinicola in grado di fornire “operations as a service” per soci e partner, specialmente per il metodo classico da uve Pinot Nero, senza dimenticare la necessità di un approccio congiunto tra aziende, sindacati, associazioni e politica per realizzare la visione di Terre D’Oltrepò, capofila della prima filiera enologica integrata e circolare della Lombardia.