La verità è che Sala ha centrato un punto. Questa volta ha preso, crediamo per caso, uno dei nodi essenziali da sciogliere per il prossimo futuro, cioè come affrontare lo smart working. C’è il tempo delle vacanze, inutile negarlo: alcuni cercheranno di lavorare in estate, ma si riuscirà giusto poco. In tanti hanno anche messo via soldi in questi anni e la maggior parte di questi non riaprirà le aziende perché si può permettere la paura del contagio. Gli altri apriranno, ma subiranno la paura del contagio. Insomma del vecchio mondo resterà poco, perché in tanti disdicono i soggiorni al mare visti gli ingressi ridotti alle spiagge. Chi resta sul mercato dovrà affrontare invece il nodo smart working, in parte perché è facile che ci sia costretti anche in autunno, in parte perché alcune aziende possono averlo come forma stabile di rapporto lavorativo.
E’ difficile fare il cameriere in smart working, ma non lo è per tantissimi altri lavori. Alcuni cambiamenti saranno sistemici: un imprenditore delle tlc che ha appena annunciato 150 milioni di investimenti ha affermato che con lo smart working può usare la stessa sede per 150 dipendenti invece che per 100. Le aziende che hanno speranza di vivere per più di qualche anno, cioè lanciate sul mercato presente e non su quello passato grazie ai sussidi, lo seguiranno. Per migliaia di persone lo smart working diventerà quindi abituale, mentre per altri come i dipendenti pubblici solo in parte perché sono una categoria a parte. Solo vicina alle logiche dell’utilità, ma non completamente dentro perché lo Stato (per fortuna) non pensa solo al profitto. Un esempio è una dipendente degli uffici comunali di via Larga: il suo compito è in buona parte sostare vicino all’ufficio informazioni e rispondere a qualunque domanda con la frase “chieda all’ufficio informazioni”. Economicamente il suo stipendio pare uno spreco perché un cartello luminoso con la stessa frase svolgerebbe altrettanto bene il compito, ma in una società evoluta c’è spazio anche per ciò che sembra inutile. Le persone vengono prima del profitto o della semplice matematica.
Dunque i 16mila dipendenti del Comune di Milano devono tornare in ufficio. In sicurezza, ma crediamo che debbano. Però il vero nodo è proprio lo smart working. Un sistema di approccio al lavoro che cambia anche il modo di concepire gli spostamenti. Se migliaia di lavoratori non fossero più obbligati a percorrere le stesse tratte di altre migliaia si diminuirebbe il traffico e di conseguenza l’utilità delle strade, la conformazione dei servizi aggiuntivi come bar, ristoranti e così via. Insomma un cambiamento epocale che potrebbe modificare il volto delle nostre città e cambiare le abitudini. Un grande tema insomma, sollevato dalla persona sbagliata, ma un grande tema.