Giornalisti tra diritto di cronaca e foto tratte dai social: i limiti e l’intervento del Garante. L’attività giornalistica e l’esercizio del diritto di cronaca sono nuovamente tornati al centro di un provvedimento del Garante della privacy dopo un fatto di cronaca che riguarda l’omicidio di una bimba di 2 anni. Alcune testate giornalistiche hanno riportato la notizia utilizzando la foto della minore tratta dai social network della madre, principale indiziata dell’omicidio. Prima di affrontare le questioni attinenti al diritto di cronaca, anche giudiziaria, ancor oggi aspetti piuttosto delicati che in diversa misura influenzano e condizionano il lavoro del giornalista, è necessario fare alcune riflessioni sugli strumenti che vengono utilizzati nell’esercizio della professione. La tecnologia ha indubbiamente inciso sulle modalità con le quali viene svolta l’attività giornalistica ed è proprio per questo motivo che il web, nel suo complesso, impone l’impiego di misure e cautele di diverso genere. Non esiste un libretto di istruzioni o un codice generale che regolamenti, dal lato giuridico, il funzionamento della Rete e così è necessario conoscere in maniera specifica le norme generali che possono essere applicate anche al mondo online sia le norme che regolamentano il funzionamento di quel singolo strumento al quale si fa riferimento. Possono, per esempio, come nel caso che ha dato origine al nuovo intervento del Garante, essere estratte foto pubblicate sui social network? Possono essere estrapolate dagli stessi social informazioni personali che vengono utilizzate per redigere l’articolo di cronaca? Qual è il limite invalicabile oltre il quale non si può andare?
Il comunicato del Garante recita testualmente “In molti casi media e testate on line hanno pubblicato, oltre a diverse fotografie in chiaro della bambina, numerosi dettagli relativi alle vicende personali e allo stato psicologico della madre, indicata come presunta responsabile della morte, riportando testualmente pensieri e commenti tratti dal profilo Facebook della donna, nonché fotografie della stessa insieme ai suoi due altri figli, i cui volti – seppur pixelati – sono di fatto riconoscibili. Le informazioni e le immagini descritte si pongono in evidente contrasto con le disposizioni della normativa privacy e delle regole deontologiche relative all’attività giornalistica, che – pur salvaguardando il diritto/dovere di informare la collettività su fatti di interesse pubblico -prescrivono agli operatori dell’informazione di astenersi dal pubblicare dettagli relativi alla sfera privata della persona e prescrivono, anche attraverso il richiamo alla Carta di Treviso, particolari e rafforzate garanzie a tutela dei minori coinvolti in fatti di cronaca”.
Da un lato, quindi, il richiamo al diritto di cronaca, nella duplice dimensione di diritto e dovere all’informazione su fatti di interesse pubblico, dall’altro l’espresso riferimento alle regole deontologiche, che prevedono garanzie particolari per i minori. Le regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 Gennaio 2019, sono costituite da un corpo di 13 articoli che fornisce indicazioni specifiche sulle modalità di trattamento dei dati personali in linea con i principi enunciati dal GDPR. In particolare l’art. 7, oltre a prevedere espressamente un divieto di fornire particolari in grado di identificare il minore (come le foto del caso de quo, sebbene con l’utilizzo della tecnica di pixelatura) al comma 3 espressamente stabilisce “Il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca; qualora, tuttavia, per motivi di rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell´interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla “Carta di Treviso“.
Ne deriva, quindi, che il diritto alla riservatezza del minore coinvolto in vicende di cronaca giudiziaria deve sempre essere considerato prevalente rispetto al diritto di cronaca e rappresenta, quindi, un limite invalicabile per il giornalista che si occupi di questa tipologia di giornalismo. Il Garante era già più volte intervenuto sul punto ribadendo ogni volta la necessità di considerare prevalente la riservatezza del minore. Così, solo per citarne uno, il caso di cronaca che riguardi un genitore (personaggio di rilievo pubblico) non può essere integrato con i dati dei figli dello stesso, peraltro minorenni, anche nel caso in cui questi dati siano già presenti online in quanto pubblicati sui propri profili social dal genitore. I dati dei minori, sebbene già presenti online, non devono essere ripresi in virtù del principio in base al quale si deve riconoscere la prevalenza del diritto alla riservatezza del minore rispetto al diritto di critica e di cronaca. Le attuali norme vigenti prescrivono al giornalista di attenersi all’essenzialità dell’informazione nel trattare fatti di interesse pubblico, anche quando relativi a personaggi di rilievo pubblico. (Provvedimento del 24 giugno 2020). In conclusione, quindi, non si può che auspicare una maggiore attenzione anche a norme, quelle deontologiche, che in una società dell’informazione così frenetica, ormai fortemente orientata al mobile journalism e all’utilizzo del digitale rappresentano un pilastro fondamentale dal quale è impossibile prescindere.
di Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia