La vera epidemia ora è l’ansia. Moltissime persone non sono più uscite dal viaggio nel mondo dei delatori alla finestra. Alcuni sono ormai ancora più convinti che ci sia una spectre mondiale che sta agendo per controllare le loro vite e le loro libertà. E magari è gente che si lamenta di non poter prendere l’aereo, ma non in realtà non ci è mai salita in vita sua. Ma l’ansia più grave di tutte è quella del sistema produttivo: moltissime aziende hanno ancora contratti attivi e la prospettiva di chiudere serenamente l’anno, magari con una lieve contrazione degli utili, ma l’equilibrio finanziario non è in dubbio. Eppure queste aziende tagliano, mettono in cassa integrazione e se possono licenziano. L’unico risultato di questa decisione è la certezza matematica di non poter più prendere commesse come prima, perché se servivano dieci persone a svolgere un certo compito, quando ne hai cinque non puoi più svolgerlo. Gli imprenditori italiani però si sa che spesso sono abituati a far funzionare le cose solo quando già funzionano, quindi è chiaro che fatichino a mantenere il controllo quando c’è una difficoltà. Però la vera epidemia ora è l’ansia che stanno vivendo: facendosi trascinare dall’ansia si stanno evirando da soli, aprendo le porte al fallimento delle attività. Quando infuria il vento, si mettono le vele a segno e si tira dritto, non si apre una falla nella barca perché c’è il rischio di affondare. Ci vuole coraggio, ma è inevitabile quando si presenta la paura: essere coraggiosi è impossibile se non c’è nessun pericolo. Inoltre potrebbe essere la prima volta per molti imprenditori italiani in cui effettivamente scommettono soldi loro e non dello Stato per fare gli imprenditori. E’ vero che gli Angelli-Elkann non danno il buon esempio chiedendo i soldi al pubblico per pagare gli stipendi, ma dopo tanto tempo potremmo iniziare a ignorarli.