Come funzionano i Fondi Europei. Come contribuiscono gli Stati membri (quali di più e quali di meno) al Bilancio dell’Unione europea? Il Bilancio europeo è finanziato dai paesi membri e i fondi vengono spesi per sostenere la crescita e l’occupazione. La questione dei Fondi Europei è nuovamente alla ribalta a causa dei contrasti, all’interno della maggioranza di Governo, per l’utilizzo o meno del “M.E.S.” e per il tanto agognato “Recovery Fund” che in effetti si chiama “NGY – Next Generation You”. NGY è l’acronimo di energy, la commissione ha pensato ad emettere dei bond per investire sull’energia delle generazioni future piuttosto che per riparare i danni del Covid-19, così come viene erroneamente veicolato da molti media. L’emissione dei bond (obbligazioni) sta creando tensione fra i rappresentanti degli stati membri, sia per la spartizione della torta, sia per gli obblighi connessi, quali la richiesta di maggiore percentuale di democrazia, per i Paesi che appartenevano alla sfera d’influenza dell’ex Unione Sovietica. Ma le dispute sui Fondi Europei hanno radici più lontane, che oggi ritornano d’attualità, come la minaccia di non pagare la propria quota del “Governo gialloverde”, per protesta sulle modalità di gestione dei migranti. Come ricorderete, dopo il caso della nave “Diciotti”, i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini avevano dichiarato che l’Italia era pronta a negare il proprio contributo se nessun Paese europeo avesse partecipato alla redistribuzione dei migranti presenti sulla nave: l’Italia avrebbe tagliato i contributi destinati a Bruxelles, poi regolarmente versati al Bilancio europeo, nel pieno rispetto dei termini legali.
L’Italia è terza tra i Paesi membri che più contribuiscono al Bilancio UE ed è un contribuente attivo, cioè versa più di quello che riceve.
A questo punto vi chiederete: come si calcola il contributo che ogni stato membro mette a disposizione del Bilancio comune della UE?
Per assicurare un determinato livello di entrate per il Bilancio dell’Unione europea nell’arco dell’intero periodo e trasformarle in risorse proprie comuni dell’UE, all’inizio di ogni periodo di programmazione, tutti gli Stati membri devono decidere all’unanimità la tipologia e l’importo massimo della contribuzione al Bilancio UE, nonché il relativo metodo di calcolo.
Il sistema delle risorse proprie UE
Il Bilancio generale dell’Unione europea è finanziato dalle cosiddette “Risorse Proprie”. Se il miglior modo di ricevere consiste nel dare – recuperando un’accezione tutta positiva del latino “Quid pro quo” – le “risorse proprie” rappresentano i mezzi finanziari con i quali ciascuno Stato membro contribuisce al Bilancio UE che sono il “Quid” che quello Stato, come qualunque altro Stato dell’Unione deve versare, affinché trovi il proprio “Quo”, che potremmo definire il “quoziente” necessario alla realizzazione degli obiettivi fondamentali e delle priorità politiche comunitarie. Per il funzionamento dell’apparato amministrativo viene speso il 6% del Bilancio totale.
Risorse proprie e Sovranità fiscale
Sistema chiaro, tempi definiti, disciplina rigorosa. Il Sistema delle Risorse Proprie è disciplinato da un’apposita Decisione del Consiglio che regola tale finanziamento per ogni periodo di programmazione finanziaria, della durata di sette anni, conformemente all’articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Si tratta di un atto molto importante, che impegna le finanze pubbliche nazionali mediante la rinuncia a quote di gettito di imposte nazionali o mediante contributi in termini di spesa pubblica. In altre parole, ogni Stato decide di sacrificare una quota della propria ricchezza a favore di quella messa in comune con gli altri Stati dell’Unione, così da raggiungere obiettivi condivisi, altrimenti difficilmente raggiungibili (Quid pro quo).
Si capisce che tale decisione deve essere adottata all’unanimità da parte degli Stati membri ed entra in vigore, con effetti retroattivi, soltanto dopo che si è concluso l’iter delle ratifiche da parte dei paesi nei rispettivi ordinamenti nazionali. Con questa decisione sovrana, unanime, condivisa, gli Stati membri stabiliscono di assicurare un determinato livello di entrate per il bilancio dell’UE nell’arco dell’intero periodo definito: le “risorse proprie” si trasformano così in “risorse proprie comuni”, garantendo la realizzazione dei progetti dell’Unione europea.
Il sistema attuale prevede, in dettaglio, tre diverse tipologie di risorse:
- Risorse Proprie Tradizionali (RPT);
- Risorse dal gettito IVA;
- Risorse dal Reddito Nazionale Lordo (RNL).
Le RPT
Le Risorse Proprie Tradizionali sono sostanzialmente costituite dai dazi doganali riscossi sulle importazioni di merci di provenienza da Paesi extracomunitari. Lo spazio doganale dell’Unione è unificato, di necessità le merci arrivano nello spazio nazionale del singolo Stato membro che, per conto dell’Unione europea, riscuote gli importi versandoli direttamente nelle casse comunitarie, previa deduzione forfettaria del 20% a titolo di rimborso delle spese di riscossione sostenute dalle amministrazioni doganali nazionali. Tra le RPT è compresa anche una tassa sulla produzione dello zucchero e isoglucosio, di entità alquanto limitata. Le RPT apportano un gettito pari a circa il 12% del bilancio UE;
Le risorse IVA
La risorsa IVA è calcolata applicando un’aliquota fissa di prelievo, pari allo 0,30%, sulle basi imponibili di ciascun Stato membro. Le basi imponibili sono armonizzate con un complesso meccanismo di calcolo, per rendere il più possibile omogeneo l’esborso per ogni Stato membro. Inoltre, per evitare un effetto regressivo, la base imponibile IVA su cui determinare la contribuzione al bilancio comunitario non può superare il 50% del Reddito Nazionale Lordo (RNL) di ciascuno Stato membro. Il gettito della risorsa IVA si attesta intorno a circa l’11% del bilancio UE;
Le risorse RNL
Il maggior onere ricade dunque sulla risorse basate sul RNL, ovvero sul contributo a carico di tutti gli Stati membri, calcolato in proporzione al peso del RNL di ciascuno Stato sul totale del RNL comunitario. Benché fosse stata concepita come strumento di riequilibrio – tant’è che ancora oggi è detta “risorsa complementare”, quando per “risorsa basata sul RNL” s’intendeva la quota utile a finanziare la parte delle spese del bilancio comunitario che non veniva coperta attraverso le altre entrate derivanti dalle Risorse RPT e dalla Risorsa IVA – è diventata la principale fonte di entrate del bilancio dell’UE, rappresentando oltre il 75% del gettito totale.
Altre fonti di entrata
Sono costituite da imposte e altre trattenute sulle retribuzioni del personale dell’UE, interessi bancari, contributi di Paesi extraeuropei ad alcuni programmi, eccedenza dell’esercizio precedente (surplus), interessi di mora e ammende. Si tratta di somme soggette ad un certo grado di variabilità e che coprono in media circa il 3% del bilancio UE. Proprio per la loro natura, esse non vengono iscritte nel bilancio di previsione iniziale, ma solo successivamente in corso d’anno, a seguito dell’effettivo accertamento di tali importi. Le somme così individuate vanno a ridurre il contributo degli Stati membri basato sul RNL.
Ma quanti soldi versano ogni anno i singoli Paesi europei?
In generale i singoli Stati membri contribuiscono al bilancio comunitario in misura proporzionale alla rispettiva prosperità economica. Considerando i dati di consuntivo 2017, l’Italia risulta essere il terzo contributore al bilancio UE, partecipando al relativo finanziamento nella misura di circa il 12%. La prima posizione è occupata dalla Germania (20,5%), al secondo posto figura la Francia (15,5%). UK (11,9%) si colloca invece al quarto posto, subito dietro l’Italia. Seguono Spagna (8,3%) e Paesi Bassi (5%). Nel dettaglio delle singole risorse, sempre per il 2017, l’Italia ha contribuito al bilancio UE per complessivi 13,84 miliardi di euro, di cui 1,84 miliardi per RPT, 2,13 miliardi per la risorsa IVA e per 9,87 miliardi a titolo della risorsa RNL.
I Paesi fondatori (patto di Roma 1957):
Francia: nel 2017 la Francia ha versato all’Unione europea 16,233 miliardi e ne ha ricevuti indietro 13,505 miliardi. L’anno precedente Parigi aveva contribuito con 19,476 miliardi di euro, ricevendo poi 11,275 miliardi.
Germania: continua a essere il Paese “maggior contributore” al bilancio dell’Unione: nel 2017 ha versato 19,587 miliardi, per un ritorno di 10,926 miliardi. Nel 2016 Berlino aveva contribuito con 23,273 miliardi, ottenendone meno della metà: 10,082 miliardi.
Italia: nel 2017 l’Italia ha destinato al bilancio Ue poco più di 12 miliardi di euro e ha ricevuto indietro 9,795 miliardi. L’anno precedente, erano stati versati da Roma 13,939 miliardi di euro e da Bruxelles erano stati ottenuti 11,592 miliardi.
Belgio: Bruxelles, nella sua doppia veste di Capitale nazionale e della Ue, ha versato, nel 2017, all’Unione europea 2,978 miliardi di euro, per riceverne indietro 7,357 miliardi. Nel 2016, invece, l’Ue aveva ricevuto dal Governo belga 3,611 miliardi, che ne aveva avuto poi indietro in investimenti 7,333 miliardi.
Lussemburgo: La capitale del ricco e piccolo Stato omonimo, nel 2017, ha contribuito con 307mila euro all’Unione europea, ricevendo indietro 1,827 miliardi. L’anno precedente la quota versata era stata di 311mila euro, a fronte di 1,787 miliardi di ritorno.
Olanda: nel 2017 ha versato 3,384 miliardi all’Ue, per poi averne indietro 2,417 miliardi. L’anno precedente Amsterdam ha contribuito con una quota di 4,343 miliardi, mentre il ritorno è stato pari a 2,289 miliardi.
I Paesi dei primi allargamenti: anni ’70, anni’90.
Danimarca (dal 1973): la quota del 2017 della Danimarca è stata di 1,926 miliardi, mentre l’Ue ha versato a Copenaghen 1,458 miliardi. L’anno precedente il Paese aveva versato 2,202 miliardi, per averne indietro finanziamenti per 1,431 miliardi.
Irlanda (dal 1973 con il Regno Unito): il contributo del 2017 di Dublino ammonta a 1,777 miliardi: il Paese ha poi ricevuto 1,818 miliardi dall’Ue. Nel 2016 la quota dell’Irlanda è stata invece di 1,674 miliardi, a fronte di 2,037 miliardi ricevuti.
Grecia (dal 1981): Atene ha contribuito nel 2017 con 1,247 miliardi di euro ottenendo però 5,130 miliardi. Nel 2016 la quota versata da Atene era stata di 1,509 miliardi e il Paese ellenico aveva ricevuto 5,849 miliardi.
Spagna (1986): ammonta a 8,080 miliardi il contributo al Bilancio europeo di Madrid nel 2017, a cui ha fatto seguito un ritorno di 9,664 miliardi. Simile la quota versata nell’anno precedente, che è stata di 9,563 miliardi. La Spagna ha poi avuto indietro 11,592 miliardi.
Portogallo (1986): Lisbona, nel 2017, ha versato all’Ue 1,375 miliardi e ne ha ricevuti 3,976 miliardi. L’anno precedente invece il contributo era stato di 1,587 miliardi ed aveva poi avuto indietro 3,384 miliardi.
Finlandia (1995): la Finlandia al pari dell’Austria è stato uno stato cuscinetto “neutrale” fra i 2 blocchi, fino alla caduta del regime sovietico. La somma versata dalla Finlandia nel 2017 è stata in totale di 1,549 miliardi e il Paese ha poi quasi pareggiato i conti, ricevendo dall’Ue 1,500 miliardi. Nel 2016 il contributo di Helsinki era stato invece di 1,828 miliardi e il ritorno pari a 1,530 miliardi.
Austria (1995): Non tutti lo ricordano, ma l’Austria, conseguentemente agli accordi definiti alla fine della 2^ guerra mondiale, è stato uno stato neutrale fra i 2 blocchi fino alla caduta del muro di Berlino e, conseguentemente, regime sovietico. Vienna ha contribuito nel 2017 con 2,429 miliardi al Bilancio europeo e ha poi ottenuto 1,742 miliardi. Nel 2016 la quota versata era stata pari a 2,762 miliardi: Vienna ha ricevuto lo stesso anno 1,939 miliardi dall’Ue.
Svezia (1995): Stoccolma, nel 2017, ha versato a Bruxelles una somma pari a 2,628 miliardi di euro. In compenso, il Paese ha ricevuto 1,503 miliardi dall’Ue. L’anno precedente il contributo era stato di 3,312 miliardi, a fronte di 1,711 miliardi di ritorno.
The Big Bang Enlargement (Paesi entrati nella UE il 1° maggio 2004)
Prima del 2004, l’Unione Europea si componeva di 15 membri, parte del cosiddetto blocco occidentale. Spinti dal desiderio di unificare un’Europa spaccata dalla Seconda Guerra Mondiale e di ripagare finalmente, dopo la caduta del “Muro di Berlino”, il debito verso l’Est abbandonato in mani sovietiche, l’Unione, a guida tedesca, si imbarcò nell’ambizioso progetto dell’allargamento verso oriente (sull’esempio della Ostpolitik dell’ex cancelliere Willy Brandt). A tali ragioni ideologiche se ne accostavano di altre, più pragmatiche. Tra di esse il rischio che gli ex satelliti sovietici tornassero a gravitare attorno a Mosca piuttosto che a Bruxelles, nonostante al tempo i rapporti tra le due fossero molto più rilassati di ora. I dubbi erano legati sia al sistema economico che alla tenuta democratica. Dal punto di vista economico, si aveva la consapevolezza che i nuovi arrivati avrebbero avuto difficoltà nel raggiungere il livello dei paesi già membri. Per questo la Politica Regionale, il cui scopo è quello di favorire la convergenza tra le varie regioni europee, assunse un’importanza particolare, e nello specifico i Fondi di Coesione. Questi vengono concessi solo ai paesi più poveri dell’Unione in termini di PIL e sono stati fondamentali in molti dei nuovi entrati del 2004.
Le “periferie dell’Occidente”
Cipro: nel 2017 Cipro ha contribuito al Bilancio nel 2017 con 137mila euro, ricevendone poi 206mila. Nel 2016 il Paese ha versato invece 151mila euro: il ritorno è stato pari a 185mila euro.
Malta: La Valletta, nel 2017, ha versato 82mila euro nelle casse dell’Unione europea e ha ottenuto indietro 201mila euro. Stessi numeri nel 2016: la quota versata è stata di 80mila euro e il Paese ha poi ricevuto 207mila euro.
Il “gruppo di Visegrad”
Repubblica Ceca: nell’anno 2017, ha finanziato il Bilancio dell’Unione con 1,282 miliardi, a fronte di 3,894 miliardi di finanziamenti ricevuti. Nel 2016 Praga ha versato 1,361 miliardi, ottenendo invece 4,490 miliardi.
Ungheria: Il contributo sostenuto dall’Ungheria nel 2017 è stato di 820mila euro e il Paese ha poi ricevuto 4,049 miliardi. Nel 2016 Budapest aveva versato 924mila euro, ottenendo indietro 4,546 miliardi.
Polonia: ammonta a 3,048 miliardi il contributo della Polonia per il 2017 e a 3,553 per il 2016. Il ritorno per Varsavia era stato invece di 11,921 miliardi nel 2017 e di 10,637 per l’anno precedente.
Slovacchia: Bratislava ha versato una quota di 599mila euro nel 2017 e ha ricevuto in cambio 1,645 miliardi. L’anno precedente il contributo del Paese era stato di 646mila euro e il ritorno era stato pari a 2,662 miliardi.
Le Repubbliche Baltiche (2004)
Estonia: ha versato all’Unione europea 154mila euro nel 2017, ricevendone 647mila. L’anno precedente la quota versata da Tallin ammontava a 182mila euro, mentre il ritorno era stato di 673mila euro.
Lettonia: Riga ha versato una quota di 184mila euro nel 2017, a fronte di 736mila euro di finanziamenti ricevuti. Nel 2016 la Lettonia ha contribuito con 218mila euro e ne ha ricevuti 734mila.
Lituania: Il contributo di Vilnius, nel 2017, è stato pari a 273mila euro e il Paese ha poi ricevuto 1,574 miliardi. L’anno precedente la quota per il Bilancio era stata pari a 319mila euro, a fronte di 1,477 miliardi ricevuti.
Ex Jugoslavia (2004)
Slovenia: ammonta a 293mila euro il contributo dalla Slovenia, anch’essa confinante con l’Italia, al Bilancio europeo del 2017. Il paese ha poi ottenuto 475mila. Nel 2016 il ritorno era stato di 544mila euro. Lo stesso anno Lubiana aveva versato 339mila euro.
Croazia(2013): la quota di questa piccola nazione confinante con l’Italia, nel 2017, è stata di 359mila euro e il Paese ha poi ricevuto dall’Unione 663mila euro. Nel 2016 Zagabria ha versato 390mila euro, ottenendone invece 921mila.
Gli ex Paesi satelliti dell’ex URSS (2007)
Bulgaria (2007): nel 2017, la Bulgaria ha contribuito al Bilancio Ue con 378 mila euro, ottenendo poi 1,895 miliardi. L’anno precedente, invece, Sofia aveva versato 381mila euro e ha poi ricevuto 2,345 miliardi.
Romania (2007): il contributo al Bilancio Ue della Romania, nel 2017, era stato pari a 1,228 miliardi, a fronte di 4,741 miliardi di finanziamenti ricevuti. L’anno precedente la quota di Bucarest per l’Ue è stata di 1,374 miliardi a fronte di un ritorno di 7,359 miliardi.
At Last but not the List: la Brexit………………..
Regno Unito (1973). Nel 2017 il Regno Unito ha versato all’Unione europea 10,575 miliardi di contributi e ha ricevuto da Bruxelles 6,326 miliardi. Nel 2016 Londra aveva contribuito con 12 miliardi e aveva ricevuto 7,051 miliardi. Il 31 gennaio 2020, con decisione confermata da un referendum popolare, il regno Unito ha deciso di lasciare l’Ue.
di Armando Panvini