Rivoluzionar* da strapazzo. Macao, quel “collettivo” che si è impossessato senza titolo delle prestigiose Palazzine Liberty di Viale Molise, una volta sede dell’ex macello, dismesse da (troppo) tempo; che ne ha fatto un’industria di nero (mi daranno del razzista?) con locale bar/ ristorante/ discoteca/ affitta camere e locali per girare film, documentari (alta cultura!); quel collettivo che profetizza la lotta di classe, la lotta alle diseguaglianze, la lotta “ai padroni”, contro “multinazionali ed evasori”. Sono pacifisti, antirazzisti, terzomondisti, ambientalisti, femministi, controlosterminiodelleformiche-isti, con le tasche chiaramente piene e , guarda un po’, evadono come “i padroni evasori”, fanno concorrenza sleale ai locali, quelli che pagano le tasse che finiscono ad alimentare un sistema fiscale per la redistribuzione della ricchezza, così da avere risorse per lo stato sociale.
Evadono ma “si depurano” con il bene assoluto: la distribuzione dei pasti solidali, quelli donati il più delle volte dai “padroni”, dai To Big To Fail come Esselunga, Carrefour e chi più ne ha più ne metta. Il bene assoluto è roba loro, fanno solo loro “il proprio dovere morale”, perché gli altri fanno tutti schifo. Se a distribuire i pacchi alimentari sono partiti di destra è solo propaganda fascista.
“Loro sono gli eredi di chi lo combatteva il fascismo”, dicono. Quelli lì non conoscono i sacrifici, tra un po’ di vodka e qualche cannetta quei 50 euro al giorno in tasca li hanno sempre. Parlano della guerra di liberazione e mi ricordano tanto quelle brigate comuniste che, nel nome del “bene superiore”, hanno sterminato partigiani cattolici, preti, laici, socialisti e liberali perché “nemici della rivoluzione”. Questi non sanno nulla della rivoluzione, ma sono ugualmente pericolosi.
Quel collettivo, Macao, che dopo una violenta rissa, un’aggressione all’interno delle Palazzine occupate al loro fianco “lamentano” i movimenti che chiedono “legalità e sicurezza” (che concetto fascista la sicurezza! O meglio – la sicurezz*, per stare alla moda).
Sono il prototipo de “Il conformista” di Gaber, quelli che “di solito stanno sempre dalla parte giusta – il conformista – ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa; è un concentrato di opinioni, che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani e quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire. Forse – cantava Gaber e secondo me con non poca ragione – da buon opportunista, si adegua senza farci caso e vive nel suo paradiso”. Il conformista.
O meglio, perché la moda è moda, il conformist*
Macao