Ci possiamo ancora permettere la democrazia? Perché la democrazia ha un costo, come ricordato in un recente film dedicato a un noto espatriato causa tintinnio di manette. Il dato è incontrovertibile: il costo c’è. Perché anche solo stampare una scheda elettorale costa. Il personale per conteggiare e controllare che non ci siano brogli costa. Ma grazie all’ennesimo uomo della provvidenza appena messo alla porta dal Parlamento si è sottolineato un nuovo costo: il tempo. Perché per chiamare al voto milioni di persone necessitiamo di tempo. E oggi il tempo corrisponde agli obbiettivi del PNRR, così come le rate di soldi prestatici dagli altri europei. Dunque abbiamo scoperto un nuovo costo. E in tanti lo hanno sottolineato che non era il momento di votare perché siamo in fase emergenziale e dobbiamo agire subito, tutti uniti dietro a un capo superiore agli altri. Alcuni come Ignazio LaRussa hanno sottolineato che trovano difficile trovarsi in disaccordo con un sistema del genere, perché per tradizione politica non sono mai stati affezionati al voto democratico. Però il tema è molto serio: ci possiamo ancora permettere la democrazia? Perché quando il nemico era alle porte i romani sospendevano la democrazia, per sei mesi non per cinque anni. Però lo sceglievano. Oggi invece l’opzione non c’è, ma crediamo che dovrebbe esserci. Perché fingere che non stia succedendo qualcosa di grave? Siamo arrivati a decisioni surreali come spendere miliardi in piste ciclabili mentre le scuole pubbliche chiudono perché non ci sono i soldi per pagare i docenti e manutenere gli edifici. Abbiamo un concetto di lavoro che è simile allo sfruttamento medievale, periodo durante il quale era normale che i principi pretendessero lavori gratis dai sudditi. E già era un privilegio perché voleva dire che ti consideravano. Oggi forse è il momento di fermarsi e porre agli italiani la vera domanda: siete disposti a sospendere la democrazia fino al termine del PNRR? Dopo quando l’economia sarà in sicurezza ne riparleremo.