Sala parla di futuro, ma lascia una città in macerie. Quindi viene il sospetto che parli del suo. Milano è a pezzi: il bilancio è bloccato dai suoi faraonici progetti di espansione e sviluppo. Le periferie hanno l’unica prospettiva di veder cacciare i poveri per far posto a seconde case di russi, arabi e cinesi. La visione di una popolazione di un milione di persone che vive vampirizzando 300mila ragazzi a colpi di drink, eventi e affitti in nero si è schiantato sulla realtà. Sala e i suoi corifei erano stati avvertiti: una città lanciata sempre a mille chilometri all’ora funziona solo se ci sono solide infrastrutture e un freno d’emergenza. Invece proprio le ferrovie che potrebbero sostenere la città sono in ritardo, ferme o tecnicamente fallite come la M5. Inoltre bruciano centinaia di milioni all’anno per avanzare di brevi passi. Soldi che in questo periodo sarebbe serviti, perché gli stipendi dei dipendenti comunali non sono ancora al sicuro. E sui freni bisognerebbe calare un velo pietoso: per contrappasso, proprio sul sistema di controllo dei freni si è scoperto un ampio giro di mazzette, per altro dopo che diversi incidenti avevano causato decine e decine di feriti in metropolitana. Sala lo sa bene. E infatti è andato dal Berlusconi dei nostri tempi, Beppe Grillo. Come fece Renzi con spirito pragmatico andando da sindaco di Firenze direttamente ad Arcore: all’epoca era SilvioB a controllare il Parlamento e dunque l’Italia, oggi è Grillo che è diventato potere forte. Per questo suo ruolo si è guadagnato l’inchino di Sala, uomo abituato a frequentare il popolo solo nelle foto della campagna elettorale. Beppe il piccolo è andato da Beppe il grande a chiedere un lavoro per il futuro, un impiego da mega manager di Stato. E probabilmente glielo daranno perché Grillo sa come muoversi tra i potenti. Così la Milano da ricostruire sarà lasciata alle destre, che dovranno un’altra volta rimettere insieme i cocci e inventarsi un futuro: l’ultima volta hanno impostato quello dei palazzi avveniristici come Tre Torri e Gae Aulenti, dell’Ecopass per affrontare la questione ambientale e dell’Expo 2015 per rilanciare il ruolo internazionale della città. I frutti li raccolsero Pisapia e Sala che dopo dieci anni hanno lucrato senza lasciare eredità positive a parte qualche ciclabile fatta male. Ora che non ci sono più lavori altrui da intestarsi, la sinistra milanese si sfila. Lasciando probabilmente a Pierfrancesco Majorino il compito di tenere alta la bandiera dalle file dell’opposizione. Infatti Sala parla di futuro, ma lascia una città in macerie.