Amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale. Siamo arrivati a questo perché negli ospedali i parenti dei degenti, ma probabilmente anche molti addetti a vari livelli, si rubavano amuchine e mascherine. Nei principali ospedali lombardi l’unica soluzione per non vederle sparire del tutto è stata mettere sotto chiave i rifornimenti. Nel Paese del chemmenefregaamè siamo messi così, dopo l’assalto ai supermercati anche questo. Poi qualcuno si stupisce che nessuno abbia voglia di venire in Italia, o che in generale all’estero l’italiano era visto come un disonesto già prima della crisi da Coronavirus. Eppure si va avanti così, senza colpo ferire: c’è l’emergenza Coronavirus? E io intanto mi rubo le risorse che servono a tutelare chi deve curarci, tanto che mi frega? Basta andare per le strade e c’è la consistente sensazione che in realtà l’italiano medio ha raggiunto l’apice di alcune specie destinate all’estinzione. La serenità umana con cui si passa sui cadaveri degli altri è il segno che non c’è nessuna comunità, solo un insieme si persone che costringe chi se ne cura a chiudere l’amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale. Una follia in ogni Paese civile, la normalità in Italia. C’è voluta la crisi epidemica per scoprire che si può lavorare in smartworking, ma dubitiamo che la lezione servirà perché gli immobiliaristi come Manfredi Catella stanno riempiendo Milano di palazzi per uffici. Se non servissero, poi come vivrebbe il sistema macro parassitario?
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