Ma quindi la sinistra nel 2023 che fa? Perché al momento non è chiaro. Risulta lampante che il centrodestra per una volta ha persino troppa gente pronta a candidarsi. Letizia Moratti ha detto che glielo chiedono, quindi lei è pronta. Il primo però a risponderle è stato Carlo Calenda che in teoria milita nel centrosinistra. In realtà la maggior parte delle persone non lo considera di sinistra, perché l’unico aspetto certo di quello schieramento che ha Calenda è il seggio europeo vinto con il Partito democratico. Ma la lady dorata non è l’unica in campo: da una parte Attilio Fontana appare e scompare dal listino con la cadenza decisa dai magistrati milanesi che non si rassegnano a vederlo a piede libero. Matteo Salvini vorrebbe vincere e pare abbia un buon nome da giocarsi, ma finché Fontana non è del tutto fuori gioco deve appoggiarlo. Intanto si fanno avanti anche i Garavaglia, ma c’è sempre l’incognita Di Stefano: se si conferma a Sesto sarebbe l’unico ad avere la dimostrazione di contare nelle urne oltre che nei palazzi. E siamo solo a giugno. E in tutto ciò c’è da vedere cosa vorrà fare Giorgia Meloni che per ora sulla Lombardia si è espressa poco in attesa di vedere le altre partite nazionali. Resta dunque solo un dubbio: ma quindi la sinistra nel 2023 che fa? Perché per ora l’unico a farsi avanti è stato Bruno Tabacci, ma lui ha un profilo alla Sala: potrebbe correre con chiunque. Su di lui però pesa l’età. Anche se a comandare è ancora la generazione pre boomer se vediamo chi guida tanto gli Stati Uniti quanto il Quirinale. La sinistra a parte lui non sembra avere nomi. O ancora più importante non sembra avere programmi. Cosa voglia fare a parte non essere il centrodestra non è chiaro. Non si sa con chi si alleerà o con chi si presenterà ai lombardi. Sembra quasi che il punto sia comunque attendere le scelte dell’avversario. Il centrodestra però conta su decenni di governo e una Moratti che ha recuperato terreno dopo il pateracchio della gestione della pandemia. Forse però il piano della sinistra per le regionali è lo stesso di sempre: perdere bene. Così da riaccomodarsi altri cinque anni all’opposizione per la soddisfazione di tutti. Anche il tema di non “bruciare” un nome sembra una scusa: se il nome che hanno in testa è così scarso da non poter reggere il test della stampa politica o degli avversari, forse è il caso di lasciar perdere.
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