Fondo antiracket e antiusura da modificare per diventare più efficace
di Benito Sicchiero
Il Fondo antiracket e antiusura, nato 20 anni fa da un’idea di Giovanni Falcone va modificato. Mira a sostenere e reinserire nell’economia legale le attività vittime dei due reati, concedendo elargizioni a fondo perduto alle vittime di estorsione e prestiti decennali alle vittime di usura, ristori commisurati ai danni patrimoniali e personali subiti dalle stesse. Ma è poco noto: tutti coloro che hanno denunciato – 319 in Italia, 37 in Lombardia, numeri irrisori rispetto all’entità del fenomeno – ne sono venuti a conoscenza solo al momento nel quale si sono rivolti alle forze di polizia o alle associazioni antiracket e antiusura; e presenta notevoli incongruenze, quali, nei casi di usura, l’obbligo di restituire i ristori ottenuti; e le denunce nei confronti delle banche vengono ‘cassate’ in partenza. E’ tra i risultati più rilevanti emersi da uno studio frutto di un accordo tra il commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura prefetto Giovanna Cagliostro e l’Università Bocconi di Milano, presentato in videoconferenza/presenza dalla prefettura di Milano con la partecipazione in remoto del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, di esponenti delle istituzioni (tra i quali il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici), delle forze di polizia, delle associazioni antiracket e antiusura. Va anzitutto rilevato che i due reati – estorsione e usura – vengono commessi in contesti ben diversi: nel caso di imposizione del ‘pizzo’ la vittima subisce per paura di ritorsioni nei confronti suoi o di familiari; nel caso di usura, il criminale viene dapprima visto come persona che ti aiuta quando non puoi più ricorrere a fonti di credito legali. In comune, l’azione criminale ha quale obiettivo, non tanto e non solo lucrare interessi o imporre tangenti, quanto, pittosto impadronirsi dell’attività della vittima, inquinando l’economia legale, ma anche costringerla a diventare complice di azioni fuorilegge. “Lo studio assume particolare importanza nel periodo drammatico che viviamo”, ha dichiarato Lamorgese riferendosi all’emergenza sanitaria Covid-19 e alla crisi economica che ne è derivata, con la conseguente “forte domanda di liquidità da parte di famiglie e imprese” che possono, se non percepiscono un’altrettanto forte presenza dello Stato, “rivolgersi a quel mondo sommerso pronto ad offrire soluzioni apparenti a tutti i problemi. Per questo le istituzioni devono saper ascoltare e intercettare le esigenze dei cittadini prima che la criminalità organizzata possa intervenire a soddisfarle come una sorta di welfare alternativo. In quest’ottica il Fondo di solidarietà si conferma fondamentale e concreto strumento di sostegno ai cittadini che si ribellano al racket e all’usura, e una più ampia diffusione della sua conoscenza unita a un suo ancora migliore funzionamento possono “concorrere a vincere la diffidenza nei confronti delle Istituzioni che è tra le cause della scarsa propensione delle vittime alla denuncia.” “I risultati raggiunti dal Fondo, che negli ultimi anni ha accolto circa la metà delle domande di accesso per circa la metà dell’importo richiesto, del resto “qualificano un percorso di riflessione, condotto in questi ultimi anni dalla struttura commissariale, sulla necessità di intraprendere iniziative di carattere amministrativo, di potenziamento delle procedure digitalizzate e di iniziative per modificare la legislazione di riferimento” ha commentato Cagliostro, concludendo l’evento in prefettura, presente anche il prefetto Renato Saccone. Lo studio in sintesi. I ricercatori della Bocconi, coordinati dall’adjunct professor Eleonora Montani, hanno costruito un database delle oltre 5.000 richieste alle quali il Fondo ha dato finora risposta, analizzandone circa il 20% nell’ambito di un’elaborazione preliminare dei dati dalla quale emerge che le domande di accesso al Fondo sono più frequenti in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, dove si collocavano tradizionalmente le principali organizzazioni criminali mafiose – che di usura e racket si servono per controllare il territorio e infiltrare l’economia locale -, e in Basilicata. Rispetto ai dati analizzati, le istanze presentate da vittime di estorsione sono il doppio di quelle presentate da vittime di usura, anche per le caratteristiche di questo tipo di reato, come osserva la coordinatrice, “subdolo e dotato di un’incredibile capacità di annichilire umanamente, psicologicamente ed economicamente le vittime”, le quali denunciano solo quando sono allo stremo, e per questo nell’82% dei casi, laddove ottengano il prestito a interessi zero dal Fondo, lo utilizzano per ripagare i debiti, senza più risorse per reinserirsi. Quanto ai settori economico-produttivi più colpiti, i dati esaminati confermano le evidenze processuali: coltivazioni, produzione animali, caccia e connessi (15,9%), commercio al dettaglio (15,2%), attività servizi di ristorazione (13,8%), costruzione edifici (14,5%), commercio e riparazione autoveicoli e motocicli (9,0%); mentre si segnala nello studio come un’anomalia la mancanza di riscontri nei settori delle forniture ad amministrazioni pubbliche e della gestione rifiuti.