Advocacy, cos’è e come funziona: intervista a Emanuele Salamone

Advocacy, cos’è e come funziona: intervista a Emanuele Salamone. Sicilia a Roma e Milano, Emanuele Salamone porta la sua esperienza di “advocacy” in giro per il mondo. Il Palazzo Salamone di Mistretta e i moti carbonari del 1820 nelle Due Sicilie Sono passati duecento anni esatti da quando Giuseppe Salamone, prete carbonaro e primogenito di numerosissimi fratelli, nel 1820 prese parte ai moti insurrezionali antiborbonici. La soppressione formale del Regno di Sicilia, unificato pochi anni prima con quello di Napoli dai Borboni, fece nascere in tutta l’isola un movimento di protesta composto da baroni come i Salamone, ma anche dai ceti popolari. Nel giugno 1820 gli indipendentisti guidati da Giuseppe Alliata di Villafranca istituirono un governo a Palermo, presieduto da Giovanni Luigi Moncada, principe di Paternò. Durò poco: già in novembre il gen. Pietro Colletta restituì la Sicilia ai Borboni. Questo è solo uno degli episodi più noti avvenuti nei circa cinque secoli nei quali la famiglia Salamone ha operato attivamente nel comprensorio dei Nebrodi (Messina). La solida dimora gentilizia, che rispecchia i canoni tipici dell’architettura del territorio, risale a quel periodo. Dall’aspetto severo e di massiccia composizione, con le sue 52 stanze è un intreccio di vari ambienti vissuti dalla famiglia, rievocativi di epoche a cavallo tra due secoli ben differenti tra loro: un primo corpo fu completato nel XVII° sec. mentre un secondo corpo più interno risale al XIX° sec. Intervista a Emanuele Salamone Siciliano d’origine, come il riferimento storico delle giornate rivoluzionarie della sua famiglia nel 1820 fa ben comprendere, oggi però per i suoi impegni professionali, cui Palazzo Salamone a Mistretta accenneremo fra poco, vive fra Roma e Milano con frequenti puntate su Bruxelles e negli Stati Uniti.
Dott. Salamone, sono veri i riferimenti alla storia sua famiglia, cui abbiamo accennato più sopra?
In certo senso sì, anche se per essere precisi l’episodio ottocentesco cui vi siete ispirati è relativo a un altro ramo della famiglia. Ma è storia passata, preferisco parlare di ciò che vorrei fare nel terzo millennio …
Ha ragione, cerchiamo di essere più attuali. Mi sembra di poter affermare che lei ha un profondo background economico ed umanistico, quali sono state le sue esperienze formative?
Dopo essermi laureato in economia ho approfondito i miei saperi conseguendo un master in gestione d’impresa ed uno in finanza. Ho una vera passione per la letteratura ereditata probabilmente dagli studi classici e mi ritengo un divoratore seriale della carta stampata. Sulla mia scrivania non devono mai mancare i principali quotidiani nazionali. Ho frequentato per diverso tempo Londra e Parigi. dove ho avuto modo di accedere a delle masterclass esclusive nel campo della politica, dei public affairs, delle relazioni istituzionali.                                                                           Che cosa ci può dire invece delle sue esperienze lavorative e professionali? 
Proprio le relazioni personali e istituzionali, che ho creato negli anni, restano sempre molto valide e hanno portato allo sviluppo di un forte networking, nel quale io stesso penso di avere un certo peso e una buona influenza sulle decisioni più significative. Ecco perché negli anni ho incrementato un network molto ampio che mi porta spesso a lavorare anche fuori dai confini italiani.
Mi sono sempre occupato di comunicazione in tutte le sue forme, specializzandomi poi in alcuni settori che ho ritenuto più affini alle mie caratteristiche. Posso dirle che ho ricoperto e ricopro tuttora incarichi in board di aziende che spaziano dal settore bancario, alla multinazionale del farmaco, alle società di consulenza, alle multinazionali del food. Inoltre mi occupo anche delle relazioni istituzionali di importanti studi legali internazionali. In effetti sono abbastanza eclettico e per questo vengo probabilmente cooptato da aziende che tra loro sono eterogenee. Per le policy che condivido, non posso descrivere con maggiori dettagli le aziende con le quali ho stipulato un contratto. Posso però dire di essere molto attivo con le camere di commercio estere come quella americana, svizzera e tedesca e che, per via della mia conoscenza approfondita delle dinamiche politiche e di questo tipo di marketing, mi è capitato spesso di assistere e condurre delle attività per alcuni degli associati. Di sovente mi faccio promotore di incontri ad alto impatto di valore per promuovere la buona politica, la sostenibilità, l’internazionalizzazione e spiegare ahimè cosa sia la lobby e quale sia il mio lavoro.
Il concetto di “lobby”
Ah, sì, il tema delle lobbies. Tempo fa parlavo con lei della Commissione Europea e dei suoi contatti con le lobbies politiche che sono l’ossatura positiva e costruttiva delle nuove normative emanate a livello europeo: ma in Italia ancora il concetto non è tanto chiaro. Sì, il termine “lobby” è molto male interpretato in Italia, mentre i legislatori in nazioni come gli Stati Uniti, o i membri della Commissione Europea cui lei accennava adesso, ne fanno un punto d’orgoglio. In Italia “lobby” sembra voglia riferirsi a fenomeni di interesse privato o addirittura ai disegni criminosi dei cosiddetti “faccendieri”. Ma in tutto il mondo non è così.
Come definirebbe allora meglio la sua specializzazione?
Oggi si preferisce il termine “advocacy” (versione finalmente accettata anche in Italia invece di “lobby”). Questo è il ruolo che meglio mi descrive. Infatti mi occupo prevalentemente di public  & government affairs, relazioni istituzionali, marketing politico. Del resto sono spesso coinvolto nei tavoli di lavoro più influenti, sia come libero professionista, sia in veste di vice-presidente di varie associazioni in Italia, tra le quali Select Milano, Milano Vapore, Italia in movimento. E, come accennavo prima, sono spesso cooptato all’interno di CDA o Board di aziende.
Ma io l’ho vista spesso anche a Bruxelles, per i lavori della Commissione.
Sì, mi capita sempre di più di svolgere i miei compiti anche al di fuori dei confini italiani: sono responsabile dei pubblic affairs di Italia Atlantica, ad esempio, il che mi porta ad avere relazioni internazionali, come quelle che lei citava a Bruxelles.
In campo finanziario quali sono i temi che le hanno chiesto di sviluppare?
Qui devo forzatamente essere ancor più generico, visti gli accordi di privacy che ho firmato. Posso solo dire che ho collaborato con i principali Istituti di credito italiani ed esteri, e sono tuttora coinvolto nei working groups di importanti camere di commercio in tutte le principali aree del mondo.
Dove si svolge prevalentemente la sua attività?

Basato a Milano, opero regolarmente a Roma con un carattere di continuità settimanale. Poi, come dicevamo, mi trovate anche a Bruxelles. Fino a pochi mesi fa, dati i miei incarichi, anche gli Stati Uniti costituivano una meta privilegiata, ma il confinamento causato dal coronavirus negli ultimi mesi ha molto condizionato questi impegni. L’advocacy è un tema molto delicato e richiede continui contatti: fortunatamente esistono le call internazionali, ma quando si parla di sfumature, non consentono di raggiungere gli stessi risultati. Ma riprenderemo presto a viaggiare, sono ottimista.

Lei conosce bene il concetto di “advocacy”. Potrebbe spiegarcelo in poche parole?
Da un punto di vista teorico, come si legge sui libri di politica economica, lobby e advocacy non sono esattamente uguali, ma ormai i due concetti hanno finito con il sovrapporsi. Il “Lobbying” negli Stati Uniti corrisponde a una rigorosa definizione legale e generalmente include solo attività che chiedono ai responsabili politici di assumere una posizione specifica su un determinato atto legislativo, mentre la pura definizione linguistica di lobby nella lingua inglese include qualsiasi discussione di problemi con i responsabili politici. “Advocacy” comprende qualsiasi attività intrapresa da una persona o organizzazione per influenzare le politiche: articoli, libri, interviste televisive ecc. non solo contatti con gli uomini politici. Ma, come le dico, i due termini ormai sono equivalenti.
In entrambi i casi si mira ad influenzare lecitamente le politiche pubbliche e l’allocazione delle risorse all’interno dei sistemi politici, economici e sociali, utilizzando dati ed argomentazioni assolutamente fondati e verificabili. Ultimamente il massiccio uso dei sondaggi e delle tecniche di ottimizzazione del web hanno portato questa materia ad assumere un’importanza sempre maggiore. Anzi, in alcuni casi irrinunciabile. Ma vanno accuratamente evitate le fake news, che rischiano di vanificare il lavoro dei professionisti più competenti.