Ho l’impressione che i parametri di democrazia piano piano incominciano a mostrare crepe irreversibili, che difendere i propri diritti possa in qualche modo destabilizzare lo status di vita di altri. A mio modesto parere c’è un concetto basilare che potrebbe rendere le cose ancor più semplici: la razionalità.
Ragionare, secondo la razionalità occidentale, significa sempre risalire alle cause. Non si sa nulla finché non si conoscono le cause di un fenomeno. E di ogni guerra bisogna sempre comprendere le ragioni, nei limiti del possibile e con la massima obiettività, perché le guerre hanno sempre una storia. Non si può sempre andare avanti a occasioni: oggi c’è l’11 settembre. E prima? Non c’è niente. Oggi c’è l’invasione russa in Ucraina. E prima? Non c’è niente. Oggi c’è Hamas che invade Israele. E prima? Non c’è niente. Questo non è ragionare, è puro infantilismo.
Lo so che non è semplice, ma da una parte occorre riconoscere il diritto del popolo palestinese a uno Stato che non sia un ghetto e dall’altra riconoscere lo Stato d’Israele. Ma come si fa? Le decisioni fondamentali possono essere assunte solo attraverso un patto tra potenze globali. È sempre stato così e oggi lo è ancora. Non è realistico pensare che si possa tenere un popolo nelle condizioni in cui versa attualmente quello palestinese, né che si possa abbattere lo Stato d’Israele. Quindi, da parte dei contendenti o vi è un principio di realtà oppure si rischiano tragedie perenni con la speranza che non deflagrino in un conflitto mondiale.
Questa è la mentalità succube tipica dei provinciali, dei poveretti, di quelli che devono stare sempre con un padrone per poter sopravvivere. Ma scherziamo? Gli USA, per esempio, sono pieni di intellettuali e di politologi che criticano la politica americana in Ucraina senza che ciò susciti il minimo scandalo. In Israele non ci sono forse forze politiche che hanno fatto una strenua battaglia contro le politiche di Netanyahu? Parliamo di grandi democrazie dove c’è chi contende radicalmente le politiche di quei governi, e soprattutto oggi quelle di Biden e di Netanyahu.