Caro Curcio con la retorica di guerra abbiamo dato

Caro Curcio con la retorica di guerra abbiamo dato. Fabrizio Curcio ha riesumato la retorica di guerra, ma in Lombardia abbiamo visto, vissuto e siamo sopravvissuti (per ora) alle prime ondate di Sars-Cov-2. Giovani, vecchi, alti, bassi, tutti hanno partecipato a questa tragedia collettiva. E ci raccontavano di tenere duro. Che eravamo in guerra con il virus. Che bisognava fare sacrifici per la vittoria finale. Per l’ennesima volta mandati al fronte con le scarpe di cartone in uno scontro che non si poteva vincere. Ma abbiamo tirato avanti lo stesso. Ci siamo detti che avremmo dimenticato e saremmo andati oltre. Invece ci hanno chiuso le trincee Covid per poi doverle riaprire quando la situazione si è messa di nuovo male. Il classico caso di italiani in comando che si concentrano a chiedere soluzioni straordinarie, ma caro Curcio se gli dai il potere di emettere leggi speciali chiunque può compiere gesti straordinari. Allora perché dovrebbero darvene ancora? Veniamo da un anno di poteri speciali e state buttando miliardi in mance o discussioni inutili. Una cosa dovevate fare: trovare il modo di lasciarci vivere, non sopravvivere perché non siamo agnelli da sacrificare a ogni emergenza. Quindi caro Curcio con la retorica abbiamo dato, non venire in Lombardia a raccontarcela. Se sei l’ennesimo miracolato della politica, amen. Siamo pieni di incapaci al comando. Almeno però non venire a raccontare fandonie o fare promesse. Se vieni a fare qualcosa bene, se no torna a Roma. Lì le persone amano parlare per riempire il vuoto intorno a loro. Qui le chiacchiere ci piace farle dopo il lavoro davanti a un Negroni sbagliato. Capito Curcio? Prima si lavora, poi si parla. Questa è Milano.