Una bella giornata di fine settembre, il cielo azzurro sopra. Un odore nauseante di morte tutto attorno. È il locale immondizia dell’83 di via Rizzoli. Milano. Tanto per ribadire che non siamo in un paese del terzo mondo. E la catasta di rifiuti che stiamo osservando, è là da giorni. Un’eterna promessa di rimozione che non li preoccupa minimamente. Sono il frutto di una pulizia a fondo di una casa che, invece di finire in ricicleria, occupano una colonna nel locale. Locale regno incontrastato di larve e vermi, che la mattina formano una linea continua dietro ai sacchi trasportati via. Uno schifo di proporzioni difficilmente immaginabili. Intorno scheletri di biciclette con festoni di ragnatele e uno spesso strato di polvere. Addirittura un motorino abbandonato da più di un decennio dichiarano gli inquilini.
Ecco, questa la situazione delle case popolari. E la giunta, Maran in testa, ha il coraggio di parlare di mala gestione di Aler. La dignità, questa sconosciuta. Ma la situazione è più grave di quanto non si veda in superficie. In primis per le ovvie questioni igieniche. Ma poi per un problema generale di credibilità del gestore. Ma con quale coraggio insensato si possono fare due anni di aumento con le larve che accolgono chi deve buttare l’immondizia. Questo non è populismo è la norma ed umana decenza di rendersi conto di essere inadatti. E ovviamente non finisce qua. Mentre gli eredi morali di Greta Thunberg concionano di cappotti termici i balconi, i passaggi che scalvano i parcheggi al piano meno 1 e la facciata perdono pezzi. Ovunque. Sui balconi di sotto, su chi posteggia, su chi passeggia. E sono sempre più grandi. Questa è la classica situazione che passa come problema secondario finché qualcuno non si fa male.
Dobbiamo aspettare la tragedia per intervenire? O almeno per una volta, almeno stavolta, avremo un intervento tempestivo? La risposta che vorremmo non sarà quella che avremo.