Meritano ognuno una condanna a 10 anni di carcere per tentato omicidio e “nessuna attenuante” i quattro giovani arrestati la scorsa estate per aver aggredito a calci, pugni e coltellate Niccolò Bettarini, il figlio 19enne dell’ex calciatore Stefano e della conduttrice tv Simona Ventura, che quel mattino del primo luglio scorso era da poco uscito da una discoteca milanese e che finì ricoverato all’ospedale Niguarda. E’ la richiesta formulata dal pm di Milano Elio Ramondini nella prima udienza del processo abbreviato, davanti al gup Guido Salvini, alla quale ha voluto essere presente anche lo stesso ragazzo vittima di quel “brutale” blitz.
“Ho provato solamente rabbia nel rivederli”, ha detto ai cronisti il giovane, accompagnato dal legale di parte civile Alessandra Calabrò e dopo aver incrociato il suo sguardo con quelli degli imputati nell’aula. “Comunque – ha aggiunto – parlerò alla fine del processo, perchè si parla sempre e solo alla fine della partita. Noi ci crediamo fino alla fine e io credo nella giustizia“. Davide Caddeo, il 29enne accusato di aver sferrato otto coltellate difeso dal legale Robert Ranieli, Alessandro Ferzoco (difeso da Mirko Perlino), Andi Arapi e Albano Jakej (col legale Daniele Barelli), secondo il pm, volevano uccidere e sapevano che quel pestaggio e quei fendenti in “parti vitali” con una lama da 20 centimetri “avrebbero potuto produrre conseguenze mortali“. Il pm, tra l’altro, ha anche contestato agli imputati l’aggravante di aver “agito per motivi abietti (in quanto discriminatori) e futili” per quella minaccia “sei il figlio di Bettarini, ti ammazziamo” che lo stesso Niccolò sentì quel mattino, dopo la notte passata all’Old Fashion, così come gli aggressori. Stando alle indagini (una tranche è ancora aperta sugli altri componenti del ‘branco’), il giovane riuscì a salvarsi solo grazie all’intervento di alcuni amici che si gettarono nella mischia.
Le difese hanno chiesto e ottenuto dal gup l’acquisizione della cartella clinica e lo stesso pm ha voluto anticipare e smontare uno degli argomenti difensivi incentrati su quel documento. Il 19enne, ha spiegato, è “risultato positivo ai test sull’uso di stupefacenti“, ma “questo non è reato ed è irrilevante” nel tentato omicidio. Le difese, invece, potrebbero puntare su quei dati della cartella clinica per cercare di far cadere l’aggravante dei futili motivi, sostenendo che fu il 19enne, sotto effetto di droga, a colpire per primo uno degli imputati con un pugno e a far scoppiare la rissa.
Intercettato al telefono con un amico, Bettarini racconto’ cosi’ l’accaduto: “si avvicina sto ‘albanollò e mi dice ‘tu c’hai gli orecchini come i miei’ (…) mi ha dato il buffettino in faccia, io gli ho dato un cartone (…) E poi boh, me ne sono trovati quindici addosso“. Per il pm quelle parole, però, sono solo invenzioni “per farsi bello” e fu il gruppo, invece, a scagliarsi contro di lui. L’avvocato di parte civile ha espresso soddisfazione per la richiesta di 10 anni (15 anni ma con lo sconto del rito abbreviato) e parlera’ in aula il 29 novembre, cosi’ come le difese.