Quel paradosso del simbolo dell’integrazione ucciso da un gambiano. Agitu Ideo Gudeta era una pastora etiope trapiantata in trentino. Era. Perché secondo gli investigatori l’avrebbe uccisa un suo dipendente gambiano. Il motivo sarebbero i soldi: una diatriba su pagamenti. La donna era fuggita dall’Etiopia per le minacce ricevute dal suo stesso governo, ma tragicamente è proprio dove aveva costruito una fiorente attività il luogo in cui è stata brutalmente uccisa. Sul corpo di Agitu sono state trovate diverse ferite, ma il colpo inferto al racconto dell’integrazione è ancora più profondo. Non c’è nessun assalto fascista e razzista contro una donna africana. Ma un assalto brutale da parte di un africano. E per motivi abbietti come il denaro. Una brutta storia per chi cerca di raccontare l’immigrazione di massa come “risorsa” e non come problema. E adesso? Perché prendersela con tutta la destra per qualunque caso di cronaca è facile, ma come fare con un nero? Perché mediaticamente è una delle categorie assurte a mostro sacro, specialmente dopo l’onda dell’I can’t breath di George Floyd. E non è un modo di dire: abbiamo assistito anche in Europa alle folle che abbattevano le statue di grandi personaggi perché non più in linea con il pensiero generale. In Italia in quei momenti era sceso un brivido nella schiena alle soprintendenze perché tra patrimonio culturale romano e cattolico c’è parecchia roba di chi oggi verrebbe condannato per riduzione in schiavitù, genocidio, discriminazione razziale e non, violenza contro le donne, eccetera. “Ho perso la testa, ma sono pentito” ha detto l’assassino di Agitu. Sulla dottrina del pentimento, molto in voga in Italia, sembra aver appreso le abitudini locali. Ma l’Italia invece si ritrova davanti a quel paradosso del simbolo dell’integrazione ucciso da un gambiano. E lo si vede negli articoli e nei commenti, dove si sottolinea quanto la donna fosse simbolo della buona integrazione cercando di glissare sulla brutalità di questo omicidio e sulle origini dell’assassino. Si sottolineano quelle della donna, ma si cerca di mettere in secondo piano quelle dell’uomo. Il perché del paradosso è che la campagna da portare avanti secondo i canali mainstream è quella dell’integrazione e del “ci pagheranno le pensioni”.