“Scuole pubbliche statali, scuole pubbliche paritarie e scuole del mercato: tesi a confronto”. L’incontro, organizzato a Milano dalla Uil Scuola il prossimo 8 novembre, vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Valentina Aprea, Valeria Fedeli, del segretario generale della Uil Scuola Pino Turi e di Suor Anna Monia Alfieri. In Italia il sistema scolastico è fondamentalmente iniquo: egualitario sulla carta, nei fatti non lavora per eliminare il gap socioeconomico tra studenti. La tendenza, anzi, è quella che vede chi è ricco avere sempre più opportunità di crescita e chi è povero sempre meno. Come dice qualcuno, in Italia “rimani sempre più ciò che nasci”. Il giudizio scaturisce da un’osservazione attenta dalla realtà, ma è persino supportato dai dati che arrivano dall’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nel suo Rapporto ‘Politiche efficaci per gli insegnanti: una prospettiva OCSE-PISA’, reso noto a fine settembre.
Il rapporto mostra chiaramente che non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità e che questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati, sia all’interno dei Paesi che tra Paese e Paese. In circa la metà dei 69 sistemi economici esaminati, inoltre, gli insegnanti delle scuole con un’alta concentrazione di studenti svantaggiati tendono ad avere qualifiche o credenziali inferiori rispetto agli insegnanti delle scuole più avvantaggiate.
La possibilità di accedere all’educazione, infatti, rappresenta l’ago della bilancia dell’equità sociale. I dati raccolti dall’Ocse dimostrano come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia chiaramente determinata dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie. “Coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola – riporta lo studio – o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati”, al contrario le famiglie più agiate seguono meglio i ragazzi nel loro percorso scolastico, potendo accedere, tra le altre cose, anche all’istruzione privata.
Puntare sulla scuola per promuovere una crescita equa del Paese significa garantire uguaglianza proprio nell’accesso all’istruzione: assegnare finanziamenti ad hoc alle scuole che agevolano l’iscrizione dei ragazzi delle famiglie più povere ed evitare le “segregazioni” (Ocse), laddove spesso i genitori più ricchi tendono a scegliere le scuole migliori per i loro figli, mentre i più poveri devono accontentarsi. Dall’equità deriva poi la qualità dell’istruzione, intesa come adeguamento delle strutture, formazione e maggiore remunerazione per i docenti, miglioramento e aggiornamento continuo dei programmi didattici, con particolare attenzione a una formazione orientata al futuro ingresso del ragazzo nel mondo del lavoro.
È questo il tema che vedrà a confronto diverse posizioni, in occasione dell’incontro dal titolo “Scuole pubbliche statali, scuole pubbliche paritarie e scuole del mercato: tesi a confronto”, una tavola rotonda organizzata da Uil Scuola Lombardia a Milano presso l’aula magna del Liceo Classico Statale G. Carducci, il prossimo 8 novembre, indirizzato ai Dirigenti scolastici e ai docenti delle scuole della Lombardia.
Al dibattito parteciperanno, moderati dalla giornalista Valentina Santarpia: Suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche; Valentina Aprea, Camera dei Deputati (FI); Valeria Fedeli, Senato della Repubblica (PD); Camilla Sgambato, Responsabile ufficio scuola del PD; Francesco Schianchi, esperto aspetti antropologici e della formazione; Paolo Ramazzotti, Università di Macerata; Pino Turi, segretario generale UIL Scuola.
“La scuola è una comunità”, sottolinea il segretario della Uil Scuola della Lombardia, Carlo Giuffrè. “Dunque – aggiunge – le voci devono essere molteplici. Siamo interessati e sosteniamo il modello di scuola previsto dalla Costituzione. È lo Stato che deve garantire a tutti l’istruzione e il raggiungimento del successo formativo. Il modello di scuola che abbiamo come riferimento è quello di una scuola statale laica, aperta, inclusiva, capace di funzionare come ascensore sociale. Siamo fortemente contrari a ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema di istruzione”. Verranno messi a confronto un modello di scuola che vede come parametro di riferimento la scuola statale laica, aperta, inclusiva, capace di funzionare come ascensore sociale e che è contrario ad ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema di istruzione con altre ipotesi ed esperienze volte comunque a preservare la funzione della scuola pubblica, paritaria o statale, su cui bisogna investire.
«L’individuazione del costo standard di sostenibilità per allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano e la conseguente possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria rappresenta, probabilmente, la chiave di lettura che consente di superare gli steccati ideologici e trovare una soluzione al problema scuola», sostiene suor Anna Monia Alfieri, che aggiunge: «Va riconosciuto all’allora ministro Valeria Fedeli il merito di aver rotto un tabù, prendendo in concreta considerazione, con la nomina di un gruppo di lavoro ad hoc, il modello del costo standard di sostenibilità come criterio di finanziamento dell’intero sistema pubblico di istruzione».
Il dibattito si prefigura come un intelligente tavolo di confronto non affatto scontato, in una scuola statale di eccellenza, che rompe tabù di anni, in cui il mondo sindacale e il mondo della scuola paritaria si sono trincerati ognuno sulle proprie posizioni.
Alessandro Pavanati
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