È frequente che durante l’effettuazione di lavori di ristrutturazione, in particolare di lastrici solari, si verifichino eventi atmosferici con conseguenti infiltrazioni ai piani sottostanti. Le infiltrazioni possono determinare il sorgere di una complessa fattispecie caratterizzata dall’intrecciarsi di diverse responsabilità in ordine al medesimo danno.
Chi dovrà risarcire tali danni: il Condominio, l’appaltatore o entrambi?
Escludendo la circostanza del caso fortuito o forza maggiore, spesso il problema deriva da una errata gestione del cantiere in merito agli accorgimenti preventivi necessari per evitare i danni.
Il Condominio è responsabile ove si provi che abbia mantenuto una signoria sulla cosa.
Affinché, invece, non si possa configurare una responsabilità del Condominio per danni derivanti dall’esecuzione del contratto di appalto, occorrerà specificare preventivamente che i lavori saranno eseguiti dall’appaltatore con autonomia di organizzazione e mezzi e dovrà essere allegata la certificazione attestante l’affidabilità dell’impresa appaltatrice. Il Condominio committente potrà quindi essere coinvolto nella richiesta di risarcimento danni qualora la scelta dell’impresa fosse stata notoriamente infelice perché non si sono raccolte informazioni su di essa (ad es. esecuzioni in corso, informazioni sull’organico medio, presenza di una polizza assicurativa a copertura dei lavori).
Il committente (nel caso del Condominio, l’amministratore) può essere chiamato a rispondere dei danni derivanti dalla condizione della cosa di sua proprietà (o di proprietà dei condomini, nel caso dell’amministratore) in quanto, per sopravvenute circostanze di cui sia venuto a conoscenza – come, ad esempio, nel caso di abbandono del cantiere o di sospensione dei lavori da parte dell’appaltatore – sorga a carico del medesimo il dovere di apprestare tutte quelle precauzioni che il proprietario della cosa deve adottare per evitare che dal bene derivino pregiudizi a terzi (in tal senso, Cassazione, sentenza del 15 giugno 2010, n. 14443. In argomento, Cassazione civile, sentenza del 27 maggio 2010, n. 12971; Cassazione civile, sentenza dell’1 giugno 2006, n. 13131; Cassazione civile, sentenza del 12 luglio 2006, n. 15782; Cassazione civile, sentenza del 29 marzo 2007, n. 7755; Cassazione civile, sentenza del 23 aprile 2008, n. 10588).
La Suprema Corte ha avuto modo di precisare che “in materia di appalto, l’appaltatore esplica l’attività che conduce al compimento dell’opus perfectum in piena autonomia, con propria organizzazione ed a proprio rischio, apprestando i mezzi adatti e curando le modalità esecutive per il raggiungimento del risultato.
Ciò, in linea di principio, non solo esclude la configurabilità di un rapporto institorio tra committente ed appaltatore, ma implica anche che solo l’appaltatore debba, di regola, ritenersi responsabile dei danni derivati e terzi nella (o dalla) esecuzione dell’opera (tra le tante, Cassazione, sentenza del 16 maggio 2006, n. 11371).
Questo principio connesso alla struttura del contratto di appalto soffre, tuttavia, eccezioni sia quando si ravvisino a carico del committente specifiche violazioni del principio del neminem laedere riconducibili all’art. 2043 cod. civ. (e tale potrebbe essere il tralasciare del tutto ogni sorveglianza nella fase esecutiva nell’esercizio del potere di cui all’art. 1662 cod. civ.), sia quando l’evento dannoso gli sia addebitabile a titolo di culpa in eligendo per essere stata l’opera affidata ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche ed organizzative per eseguirla correttamente, sia quando l’appaltatore, in base ai patti contrattuali o nel concreto svolgimento del contratto, sia stato un semplice esecutore di ordini del committente e privato della sua autonomia a tal punto da aver agito come nudus minister di questo, sia, infine, quando il committente si sia, di fatto, ingerito con singole e specifiche direttive nelle modalità di esecuzione del contratto o abbia concordato con l’appaltatore singole fasi o modalità esecutive dell’appalto.
In tutti questi casi il committente potrà essere tenuto come responsabile, in via diretta, con l’appaltatore per i danni cagionati al terzo” (Cassazione, sentenza del 17 febbraio 2012, n. 2363).
Potrebbe emergere anche una responsabilità dell’appaltatore e, di conseguenza, del direttore dei lavori (il quale non avrebbe correttamente vigilato sull’operato dell’appaltatore).
L’appaltatore è responsabile dell’area dei lavori, oltre che per i danni causati dall’esecuzione dell’opera, in virtù dell’autonomia concessa dal contratto di appalto; tale responsabilità deriva dalla legge che attribuisce ad esso un obbligo di custodia.
L’appaltatore è da ritenersi responsabile verso terzi dei danni cagionati in occasione della esecuzione delle opere, con una corresponsabilità del proprietario solamente in caso di omessa vigilanza ovvero di scelta erronea nell’affidamento dei lavori a impresa non adatta (si veda Cassazione, sentenza del 25 gennaio 2016, n. 1234).
In conclusione, le infiltrazioni possono determinare il sorgere di diversi titoli di responsabilità. Potrà essere tenuto a risarcire tali danni il Condominio, l’appaltatore ed anche il direttore dei lavori. Non esiste una regola generale e dovrà essere vagliata la fattispecie concreta per determinare l’effettiva responsabilità.